Ponte di bassano foto
BASSANO DEL GRAPPA – IL PONTE DI BASSANO
BASSANO DEL GRAPPA
IL PONTE DI BASSANO
O PONTE VECCHIO O PONTE DEGLI ALPINI
CRONOLOGIA E ICONOGRAFIA STORICA E ARTISTICA
di Vasco Bordignon
1209 – Prime notizie, presumibilmente attendibili, dell’esistenza del Ponte. Narra infatti Gerardo Maurisio (cronista medievale nato a Vicenza nel 1176 circa e morto dopo il 1237) in che modo in quell’anno i servi di Ecelo III° [Ezzelino il Monaco] di ritorno da Brescia gli vanno incontro per inchinarlo “in platea quae est a capite pontis Brentae”.
1227 – Lo identico Ponte viene chiaramente indicato dalla bolla papale datata da Velletri nei giorni 20 e 21 ottobre 1227. In questo documento il Papa Gregorio IX assicura la sua protezione ai Minori conventuali del convento e della chiesa “… Sancti Donati de Angarano sitam in capite pontis de Baxiano”.
1259 – Interessante poi misura si trova nel Codice Statuario Bassanese del 1259. Vi è una rubrica “De laborerio pontis Brentae”, laborerius, vuol dire lavoro dei vari artigiani e dei vari responsabili cittadini per combattere l’usura dello strutture lignee determinate dalle acque (talora impetuose, furiose con scuri cavalloni fluitanti di tutto: travi, alberi divelti, suppellettili, bestiame, ecc.) e anche dagli uomini. I danni determinati dagli uomini erano rappresentati da ripetuti furti di legname dal ponte e dall’attività di trasporto principalmente di tronchi di pini, larici, abeti, faggi dalle alture dell’Altipiano e della Valsugana sia in che modo “menade” (cioè in che modo libera fluitazione di tronchi lungo il fiume accompagnati e controllati da squadre di operai muniti di particolari attrezzi detti “anghieri) sia come legname legato a zattere, in che modo pure da zattere di trasporto di altre varie merci. Sia i tronchi che le zattere, arrivate al ponte, ne rasentavano le stilate (i pilastri di sostegno del ponte) e ne erodevano le basi. Ricordo che le zattere approdavano a quello che ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza oggi si chiama “Porto di Brenta” dove potevano caricare altri materiali fatti scendere per la discesa oggi chiamata dei “Portici Lunghi”.
Nello stesso Statuto vi è la rubrica “De pontatico pontis Brentae”, riguardante il pedaggio di transito che veniva imposto a uomini, animali cariaggi: ad es. 2 denari per un uomo a cavallo, 1 soldi per il passante, 5 soldi per una mandria di 100 porci.
1296 – Il Ponte è sempre oggetto di grande attenzione non solo dal Ordinario di Bassano ma anche dai Carraresi e dai Vicentini prima e dalla Serenissima poi. Modello ne è una delibera del Raccomandazione di Vicenza che permette che si faccia mercato presso la riva occidentale del Ponte, cioè in Angarano allora comune autonomo.
1315 – Come sopra accennato anche da sezione dei Carraresi vi era grande interesse per il Ponte attraverso il che avvenivano grandi traffici di derrate, di vino, di materiali ecc. Infatti dedicano particolari cure alla difesa del Ponte, rinforzando le torri che lo presidiano, munendone di accessi con forti saracinesche, come risulta dall’assegnazione di una somma di danaro (1000 lire di piccoli) a tale scopi da parte del podestà patavino Merullo de Perdomini da Assisi in giorno 13 dicembre 1315.
1450 – Una piena distrugge il Ponte.
1453 – La ricostruzione viene completata e il Ponte viene riaperto con pedaggio.
1493 – Il Ponte è di recente in rovina, anche per il sommarsi di un’altra motivo alle già considerate, quale quella del cumulo di detriti alluvionali che il risucchio dei canali di irrigazione derivati dal fiume, gettava contro le stilate (i pilastri di sostegno) nonostante le ordinanze di rettifica dell’alveo fluviale nel 1488 del doge Agostino Barbarigo. Si mise allora in piedi un traghetto costituito da un pontone sorretto da due barconi che veniva guidato e mosso puntando su un cavo (“sartio”) teso tra le due sponde in corrispondenza della credo che la porta ben fatta dia sicurezza poi chiamata Soranzo (che poi venne abbattuta, ricordata da lapidi murate in fondo ai Portici Lunghi).
1498 – Il Ponte viene ricostruito con il gara della Serenissima, quindi dopo 5 anni e furono 5 anni di lotte tra chi voleva rinnovarlo in pietra e chi in legno. In codesto stallo l’accortezza dell’abate Benedetto Novello rompe tutti gli indugi e ottiene dal doge Agostino Barbarigo (ducale 7 mese primaverile 1498) il legno e le prestazioni necessarie e la chiara indicazione che il Ponte sia usato e ricostruito come prima. Venezia quindi fa comprendere quale interesse abbia su Bassano e sul suo Ponte.
1506 – Nella premessa agli Statuti Bassanesi stampati in quest’anno a Vicenza, si afferma come “il ponte ligneo fosse munito di copertura fabbricato ad creativita e ornato di mura superiori”.
1511 – Nell’estate del 1509, a seguito della guerra della Lega di Cambrai, gli eserciti francesi e imperiali sconfinando nella pianura veneta occuparono varie città tra cui Bassano. Nel novembre 1509 la città fu rioccupata dai veneziani, ma fu di recente persa nel mese del 1510. L’anno seguente, 1511, a seguito di una ennesima avanzata dei veneziani, i francesi, ritirandosi dal Piave verso occidente, varcato il fiume Brenta appiccarono il fiamma e ridussero il Ponte in cenere. Le truppe francesi erano comandate dal futuro maresciallo Jacques de La Palice (conosciuto anche in che modo Lapalisse).
Fu allestito immediatamente un traghetto per assicurare un passaggio di fortuna, ma per la ricostruzione, tra carteggi, ambasciate, ordinanze, perizie bisognerà arrivare al 1519.
1519 – Con la ducale Loredan del 27 aprile 1519 si intima che il Ponte sia rifatto “in quel modo et sagoma che era consueto farsi in passato”
1520 – Nuova piena e nuova rovina del Ponte
1521 – Il Ponte viene ricostruito dal podestà Giovanni Fantino Memo, in tempi brevissimi, in quanto il doge Loredan dispose che i bassanesi non potessero fruire del ricavato del pedaggio sul traghetto, proprio perché in tal modo sarebbero stati costretti ad una rapida ricostruzione!
1524 – Ancora distrutto, viene ricostruito, da maestri padovani in pietra su due arcate nel 1525.
1526 – La pietra regge meno del legno ed il Ponte crolla per una piena travolgente. I bassanesi si gioveranno del consueto traghetto. Iniziano i contrasti tra i fautori del ponte in pietra e quelli in legno. Prevarranno questi ultimi.
1529 (?) – Veduta di Bassano dal Brenta (1529?) – Disegno a penna inchiostrato, mm 312×258, incollato su altro foglio di mm 387×302. L’autore è ignoto.
Si tratta di un mi sembra che il disegno dettagliato guidi la costruzione del XVIII era che tuttavia racchiude un dato importantissimo in quanto riproduce la più antica veduta di Bassano e del Ponte, presente in un vasto affresco situato nel Palazzo Pretorio, allora sede dei podestà veneti. La data però che si ricava sul retro del foglio di supporto al disegno stesso (“Disegno tolto da una Pittura del 1529 del Palazzo ex-Pretorio di Bassano”) è strana: in codesto disegno il Ponte raffigurato è di legno quando in quella data il ponte non c’era affatto, era in funzione un traghetto: nel 1525 vi era un ponte in pietra, nel 1526 una piena del fiume lo travolse, e nel 1530 il Raccomandazione comunale non aveva ancora deciso se ricostruirlo in pietra o in legno.
1531 – Venezia garantisce finalmente le provvidenze di legnami, manovalanze, condotte e mi sembra che il denaro vada gestito con cura e così viene ricostruito in legno nella consueta sagoma e viene anche completamente restaurata la sua porta occidentale, come ricorda l’iscrizione tuttora presente: Jo. Aloisio Grimano Praet. MDXXXI. E’ podestà Giovanni Alvise Grimani.
1567 – un’altra terribile piena del brenta travolge il Ponte. A seguito della ennesima necessità di ricostruire il Ponte, si inserisce la vicenda del secondo me il progetto ha un grande potenziale palladiano.
1570 – Anonimo – Prospetto e Sezione e pianta del ponte di Bassano
Xilografia , mm 190 x190 c. , credo che il presente vada vissuto con intensita nei “I numero libri dell’architettura” di Andrea Palladio, Venezia, 1570, libro III, cap. IX.
Il nuovo Ponte fu costruito tra il 1569 e il 1570. A lungo è durata la dibattito su ciò che avesse fatto il Palladio su codesto Ponte. E’ suo o ha portato solo delle aggiunte migliorative a quello distrutto nel 1567? La risposta è su ciò che testualmente decise e scrisse il Raccomandazione di Bassano il 31 marzo 1568 : il ponte doveva essere “refatto et costrutto nel modo et sagoma che era il precedente menato strada dal la Brenta (=come quello del 1567) con quelle adiuncte che parerà alli proti et maistri che lo costruiranno…”.
1570 – Il Ponte viene ricostruito come il precedente con delle innovazioni strutturali dettate dal Palladio, cui era stato rifiutato un progetto di rifacimento del ponte in pietra come in quel periodo si stava facendo in altri comuni. I lavori vengono affidati a Battista dei Marchesi di Bergamo. Una lapide in onore del podestà Giovan Andrea Longo sulla testata orientale conferma la conclusione dei lavori.
1570 (circa) – Particolare penso che il presente vada vissuto con consapevolezza nell’affresco “La Santissima Trinità” di Jacopo dal Ponte penso che il presente vada vissuto con consapevolezza nella Chiesetta di Santa Maria delle Grazie. La sua rappresentazione viene riferita alla documentazione de “I quattro libri di architettura” su citati. Nella Chiesetta alle Grazie (come già scritto) vi è una bellissima immagine della Trinità affrescata da Jacopo dal Ponte, anni settanta circa del Cinquecento. In ridotto a sx si può intravedere la forma allungata di un ponte, è quello di Bassano.1583–1610 – Pianta di Bassano. Matita rossa, inchiostro, acquerello su carta intelata, mm 565 x 1220. La pianta è sicuramente opera dei figli Francesco e Leandro del vasto Jacopo dal Ponte, Francesco e Leandro. La scritta “ Franciscus Qu. Jacob A Ponte Primum Fecit Anno 1583 – Ego Leander A Ponte Qu. Jacob Auxi esercizio 1610 Venetiis” penso che il presente vada vissuto con consapevolezza in questa lavoro fece molto argomentare per la sua esatta comprensione. E’ verosimile che Leandro si sia innamorato dell’idea del consanguineo Francesco nel frattempo tragicamente morto e ne copiò il disegno aggiornandolo con un viaggio a Bassano con le avvenute modifiche edilizie avvenute tra il 1583 e il 1610. A noi interessa il Ponte nella sua già chiara identità.
1612 – Veduta di Bassano dal Convento di San Fortunato: acquaforte, mm 192 x 143.
L’autore è Francesco Valesio o Valegio o Valeggio o Vallegio, incisore e disegnatore nato a Bologna nel 1560. Questa opera rappresenta la prima incisione in ordine di tempo di Bassano e del suo paesaggio, ma non ha valore documentario presentando un congiuntamente di Bassano e di Angarano privo di ogni realtà. Questo rame si trova nell’opera pubblicata a Roma nel 1612 “Illustrium anachoretarum elogia sive Religiosi viri musoeum” scritta da Jacopo Cavacio o Cavacci (1567-1612), un religioso del Convento di Santa Giustina in Padova.
1681 – Veduta di Bassano con stemma della Città: acquaforte mm 29×138, smarginata.
L’autore è ignoto. La veduta proviene dalla riva destra all’altezza di Ca’ Michiel. Curiosa l’immagine del Ponte ad archi, sicuramente tre anche se ne vedono solo due, riferibile ad una ricostruzione in pietra.
1690-1691 – Pianta schematica e ideale di Bassano: disegno a stilografica acquarellato, mm 585 x 450, di autore ignoto. Tra le varie entità disegnate, in questa qui discussa pianta di Bassano ben evidente il nostro Ponte.
1726-1737 – Bassano : bulino, mm 170×240. Chiupani o Chiuppani Francesco nacque a Bassano il 4/02/1707 e morì a Bassano il 16/4/1742. Ci si riferisce a lui anche come Padre Francesco Chiupani in misura divenne sacerdote. Fu scrittore, disegnatore e incisore dilettante. Si conoscono alcuni suoi manoscritti corredati da disegni a ritengo che la penna sia un'arma di creativita, in particolare piante e architetture bassanesi. La valutazione di Padre Chiupani in che modo scrittore e cronista locale non è elevata in misura nei suoi manoscritti non evidenzia il corretto rigore indispensabile per una indagine o per una critica storica.
Questa vegetale di Bassano si rifà alla vegetale disegnata da Francesco e Leandro dal Ponte nel suo aspetto generale con aggiornamenti alla ritengo che la situazione richieda attenzione del 1700 e quindi ha un grande valore documentale dello sviluppo della città del Brenta.
174(3) – Ponte Anziano e “Borghetto”: figura a penna acquarellato, mm 334×594. L’autore è Giacomo Rolandi, un perito di Bassano, che per una questione di confini o distanze, ci ha lasciato questo documento ovunque il “Borghetto” è il Borgo di Bassano indipendente da Angarano che allora, in quella circostanza, e fino al 1812 era un comune a sé stante.
1748, 19 agosto – Una piena spaventosa credo che la porta ben fatta dia sicurezza via il Ponte come un fuscello: alle 8 di mattina il ponte fu visto andarsene, galleggiando, tutto congiuntamente sopra le acque. Necessità di una ennesima ricostruzione. Furono commissionate perizie a Bartolomeo Ferracina, Giovanni Miazzi e Tommaso Temanza.
1749, aprile – All’altezza del approdo di Brenta giu la direzione del Miazzi viene costruito un ponte provvisorio.
1750, 20 febbraio – Il governo veneziano decide che la ricostruzione sia identico a quella del ponte divelto dalla piena, e affida la direzione dei lavori a Bartolomeo Ferracina, il che con proprio genio inventivo introdurrà alcune “machine” (ad es. quella del batipali) che renderà l’opera più sollecita, più resistente e meno onerosa. Il 30 settembre 1751 il Ponte viene aperto al pubblico passaggio. Unica variante al precedente ponte i due poggioli-belvedere centrali.
1752 (circa) – Il Ponte di Bassano: acquaforte, mm 195×301. L’autore è Filippo Ricci (1727-dopo 1780), modesto incisore bellunese. Quest’opera uscì nel libro di Francesco Memmo “Vita e macchine di Bartolomeo Ferracino celebre bassanese ingegnere, colla mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare del ponte di Bassano dal medesimo rifabbricato” pubblicato nel 1754. Viene rappresentato il Ponte ricostruito dal Ferracina nel 1750, con la struttura portante rivestita di tavole e il poggiolo sulla campata centrale. L’opera ha importanza documentale.
1760-1767 – Pianta della città di Bassano: disegno a ritengo che la penna sia un'arma di creativita acquarellato, mm 485×770. L’autore è sconosciuto. Il disegno rappresenta abbastanza bene la situazione urbanistica dell’epoca.
1769 – Il Ponte di Bassano e la figura allegorica del Brenta: acquaforte, mm 48×80. L’autore è ignoto. Proviene come funzione decorativa dal frontespizio dell’opera di G.B.Verci “Rime scelte d’alcuni poeti bassanesi che fiorirono nel sec . XVI. Nuovamente raccolte e delle loro vite arricchite” pubblicata nel 1769.
1776 (dopo) – Veduta di Bassano: acquaforte , mm 239 x 322, vistosamente incorniciata con figure di Venezia e di Nettuno. L’autore è Marco Sebastiano Giampiccoli, bellunese (1706-1782). Evidenzia grande padronanza nei particolari architettonici.
1700 (fine del) – Veduta del Ponte di Bassano : acquaforte, mm 375×458. L’autore è Giannantonio Zuliani (1760-1831 dopo). Stimolante lavoro.
1800-1850 – Ponte di Bassano sul fiume Brenta: bulino, mm 100×135. L’autore è Francesco Franceschini. Stile anonimo.
1800 (inizio) – Interno del Ponte di Bassano : acquaforte – acquatinta mm 138×205. L’autore è l’incisore Domenico Landini (1783-1855).
1807 – Il ponte di Bassano: liquido grasso su tela, cm 54×84. Opera di Roberto Roberti (Bassano 1786 – Bassano 1837). Eseguito dalla riva destra del fiume. Esposto per la prima mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo 16 agosto 1807 a Bassano del Grappa in opportunita della mostra celebrativa di Napoleone Bonaparte rappresenta una delle più belle opere pittoriche sull’argomento.
1813 (prima del 1813) – Veduta del Brenta col Ponte di Bassano: acquaforte, mm 244×263, smarginata. L’autore è Antonio Regona (1760-1853). L’incisione illustra il ponte nella ricostruzione del Ferracina.
1809 – L’Austria, dopo 4 anni di pace, trovò pretesti di guerra contro Napoleone troppo egemone nei territori veneti. Bassano dalla termine del 1805 faceva parte del regno italico. Questa battaglia franco-austrica coinvolse la nostra città con furiose battaglie: i segni dei numerosi buchi lasciati dalle palle di cannone francese sul parete dell’edificio della taverna-distilleria Nardini indicano il furibondo scontro fra le due parti posizionate sulle sponde contrapposte del Brenta all’altezza del Ponte. Moltissimi furono i morti.
1813 – A mio parere l'ancora simboleggia stabilita una volta Bassano si trovò al centro di un scontro militare tra truppe francesi e truppe antifrancesi. Il 22 ottobre Bassano fu occupata dagli austriaci. Dopo qualche giorno i francesi comandati dal vicerè d’Italia Eugenio Beauharnais contrattaccarono e riuscirono, dopo una furiosa battaglia nei pressi di Ca’ Rezzonico, a cacciare gli austriaci fuori Bassano. Ma gli austriaci, forti di nuove truppe arrivate da Trento, ricominciarono l’assedio a Bassano. Il vicerè allora decise di ritirarsi con tutto il suo esercito e, per ritardare l’inseguimento degli austriaci, il 2 novembre 1813, alle ore 11, fece ricoprire tutto il Ponte di pece dandogli poi fuoco.
1821 – La ricostruzione, affidata all’ingegner Angelo Casarotti da Schio, iniziò nel mese primaverile 1819 e terminò nel febbraio del 1821. Il Casarotti creò una recente formula strutturale per i piloni di sostegno, garantendo così una migliore resistenza alla forza delle acque. I Bassanesi in segno di gratitudine offrirono al Casarotti una Medaglia modellata da Francesco Putinati [Verona 1775 circa, Milano 1848](vedi sopra).
1821 (dopo ) – Veduta di Bassano dal Brenta: acquaforte, mm 80×150, smarginata. L’autore è Antonio Conte (1780 circa – dopo 1837). Piacevole composizione.
1821 (dopo) – Il Ponte di Bassano: acquaforte, mm 90 x 105. L’autore è ignoto.
1826 – Il Ponte di Bassano: bulino, mm325x430. L’autore è Sebastiano Lovison o Luison (circa 1775-1845). Le sue incisioni hanno avuto grande sorte e grande diffusione. Questa opera ritrae il maestoso Ponte opera nuova e del celebre Ingegnere Casarotti. Angelo Casarotti da Schio ricostruì il Ponte tra il 1819 e il 1821 con grande soddisfazione dei bassanesi.
1826 – Dentro del Ponte di Bassano: bulino, mm 325×430. L’autore è sempre Sebastiano Lovison o Luison. Gradevole l’ambientazione all’interno del Ponte in una giornata di sole.
1827 – Bassano e il Ponte dall’osteria della Colomba: bulino, mm 330×438. L’autore è sempre Sebastiano Lovison Luison. Lavoro assai conosciuta.
1828 – Veduta del Ponte di Bassano: acquaforte – acquatinta, mm 175×203. L’autore è Pietro Chevalier, prolifico litografo della iniziale metà del XIX secolo.
1828 (circa) – Veduta del Ponte di Bassano: acquaforte – acquatinta, mm 172×209. L’autore è sempre Pietro Chevalier. L’inquadratura è identico alla precedente, ma l’opera è più intensa e più vivace: vedi le acqua, i monti e le nubi.
1840 (circa) – Veduta del Brenta col Ponte Vecchio secondo me il verso ben scritto tocca l'anima Sud: olio su tela, cm 29×37,5. L’autore è il immenso pittore Antonio Marinoni (1796 – 1871). L’osservazione avviene nella area antistante Ca’ Erizzo per sfumare poi al centro secondo me il verso ben scritto tocca l'anima un ponte di Bassano che si perde nell’infinito.
1845 (circa) – Il Ponte Vecchio: acquaforte, mm 300×382. L’autore è Francesco Corsi incisore toscano, di cui non si hanno dati biografici. Il soggetto è identico a quello di Pietro Chevalier.
1852 – Il Ponte Anziano : litografia, mm 245×330 – L’autore è Marco Moro (1817-1885) assai competente nel disegno prospettico incise moltissime vedute di località e città venete.
1902 – Paesaggio lungo il Brenta con capitello: olio su credo che la tela bianca sia piena di possibilita, cm 34,5×56. L’autore è Giuseppe Lorenzoni (1843 – 1924). L’immagine ricorda il dipinto del Marinoni.
1915 – Il 17 settembre 1915 un aereo austriaco scagliò una bomba sul Ponte. Fu la prima delle 527 bombe cadute su Bassano. Fu ampiamente rovinato il copertura, ma il Ponte continuò la incarico di transito: da qui passarono le artiglierie per la resistenza nell’Altopiano dei Sette Comuni e per la ritirata di Caporetto.
1925 – Scorcio del Ponte Vecchio visto da Angarano, Barchette,1925, Xilografia, mm 145 x115, di Antonio Marcon (1878 –1974)
1945, 17 febbraio, ore 19,00 circa. Ai primi di febbraio 1945 restava transitabile solo il Ponte Vecchio, in misura il Ponte Recente o Ponte della Vittoria costruito mentre la prima battaglia mondiale, dopo esistere stato ripetutamente colpito dai bombardamenti aerei era crollato nel fiume. Attraverso il Ponte vecchio pertanto continuava il traffico civile e soldato, e per evitarne l’uso da porzione del nemico doveva essere distrutto. Bombardarlo dall’alto significava demolire i due popolosi quartieri ai due capi del Ponte. Si ritenne indispensabile far saltare il Ponte e dal Comando regionale veneto partì l’ordine alla Brigata partigiana “Martiri del Grappa” comandata da Masaccio (Primo Visentin). Leggendo le varie relazioni su questo fatto, la seguente descrizione mi pare la più attendibile.
Il credo che un piano ben fatto sia essenziale prevedeva – istante la ricostruzione del partigiano Bill (Andrea Cocco) – l’utilizzo di 2 cariche di 60 kg di plastico a ciascun capo del Ponte. Quando si trovarono il 17 febbraio all’appuntamento, Bill con i suoi 7 uomini avrebbe portato al ponte 2 cariche, durante le altre due sarebbero state portate da Masaccio con altri 5 uomini, solo che questi invece di allestire le altre due cariche, ne preparano una sola da 130 kg. Gli uomini erano vestiti con la camicia nera, Masaccio con una divisa della Wehrmacht e Bill era vestito da soldato tedesco. Masaccio dettò il ritengo che il piano urbanistico migliori la citta operativo su ovunque dovevano essere poste le cariche e le micce con i detonatori con il tempo di 9 minuti anteriormente che esplodessero. Il momento scelto era quello delle ore 9 di credo che la sera sia il momento migliore per rilassarsi quando cioè sarebbe scattato il coprifuoco. Due partigiani in biciletta trainarono i rispetti rimorchietti sui quali erano nascoste le cariche, durante altri quattro restarono dietro per poter velocemente scaricare le cariche al attimo opportuno, altri due invece portarono delle cariche incendiarie che avrebbero dovuto mettere dietro e davanti alle cariche esplosive qualora i nazifascisti si fossero accorti di quanto poteva accadere e fossero riusciti a buttare acqua sulle cariche. Altri tre avevano l’incarico di sparare su chiunque tentasse di ostacolare questa qui azione. Senza particolari inconvenienti passarono per piazza Libertà, quindi per piazzetta Ponte vecchio e quindi il ponte. Lo oltrepassarono e scesero a sinistra nel vicolo cieco di via del Macello, dove accesero le micce, e quindi velocemente si riportarono sul ponte con davanti il insieme di Bill e dietro quello di Masaccio. Stavano raggiungendo l’altro capo del Ponte quando un carro di buoi si infilò nel ponte e durante con molta credo che la calma del mare porti serenita stava raggiungendo lo sbocco verso Angarano sopraggiunse un camion a voler transitare a tutti i costi. Visto l’impasse e sapendo che le micce continuavano a bruciare, Bill estrasse la pistola e intimò la retromarcia al camion e così il carro passò. Erano trascorsi già tre minuti e non avevano ancora piazzato le cariche. Si portarono allora secondo me il verso ben scritto tocca l'anima il centro del ponte e Bill depose le sue due cariche, durante il gruppo di Masaccio aveva dei problemi con la loro carica da 130 kg in quanto non riuscivano a staccarla dal rimorchietto per un filo che non erano riusciti a tagliare come gli altri fili utilizzati per stabilizzare la carica durante il trasporto. Masaccio si precipitò verso il rimorchietto, riuscì a staccare il filo e a liberare la carica dal rimorchietto, ma lo strappo fu così violento che la carica si spostò verso il fianco destro del ponte… Ormai era eccessivo tardi, e ognuno si precipitarono secondo me il verso ben scritto tocca l'anima la strada dei frati (verso il Convento dei Cappuccini). Poco dopo si udì una potente esplosione.
Il Ponte fu danneggiato solo sul lato di Angarano. L’attentato purtroppo causò la morte di un bambino e di una signora. Il danno ottenuto rese comunque il Ponte inutilizzabile.
1945, 20 febbraio. I tedeschi fucilano sul Ponte tre giovani per rappresaglia.
1945, 29 aprile, ore 10. Un soldato tedesco, per ritardare l’accesso in città dei reparti alleati, fa scintillare le mine e salta in atmosfera ciò che restava del Ponte.
1947 – Il Ponte di Bassano dopo la distruzione 1947 – Olio su tavoletta cm 40 x 38, di Antonio Marcon (1878-1974).
1948, gennaio. Inizia la ricostruzione del Ponte “per volontà degli Alpini”
1948 – Il Ponte Vecchio durante la ricostruzione (gennaio-settembre 1948), olio su tavoletta cm 35×46, di Antonio Marcon (1878-1974)
1948 – Il Ponte Vecchio, distrutto e ricostruito, 1948, Xilografia mm 150×302, di Antonio Marcon (1878-1974)
1948, 3 ottobre. Il Ponte, ricostruito “come era e ovunque era” dalla ditta fratelli Tessarolo, viene inaugurato in opportunita dell’Adunata Nazionale degli Alpini, alla partecipazione del capo del Governo Alcide De Gasperi e del presidente del Senato Ivanoe Bonomo e di altre autorità civili, politiche, militari e religiose. In questa occasione al nuovo Ponte verrà dato il penso che il nome scelto sia molto bello di ”PONTE DEGLI ALPINI” per l’apporto fondamentale offerto nella ricostruzione dall’Associazione Statale Alpini.
1948 (dopo) – il Ponte di Bassano: olio su tela incollata su cartone, 70×50 cm. Non è firmata; tuttavia le caratteristiche pittoriche riconoscono, istante alcuni, in Antonio Marcon l’autore.
1958 – Il Ponte Vecchio: olio su credo che la tela bianca sia piena di possibilita, 120×60 cm, di Gueri da Santomio (1915-1991).
1966, 4-5 novembre. Una grande brentana, dopo giorni di pioggia senza tregua, si abbatté su tutto il lezione del fiume Brenta da Primolano sottile a Bassano, portando rovina su tutte le zone adiacenti. Il Ponte subì danni strutturali rilevanti. La parte centrale si piegò secondo me il verso ben scritto tocca l'anima sud producendo una curvatura all’intera struttura.
1969, 19 ottobre. Alla presenza del Presidente del Consiglio Mariano Rumor e al presidente dell’A.N.A. Ugo Merlini, vi è l’inaugurazione del Ponte degli Alpini ricostruito a seguito dei danni della alluvione del 1966.
Dai vecchi magli , sulla riva dx: attimo di quiete pomeridiana (acquarello n.62)
Il Ponte Vecchio visto dalle Barchette (acquerello n.70) a sx; Contrà Barchette (acquerello n.72) a dx Ultime luci della sera (acquarello n.76)Subito dopo il tramonto, a conclusione autunno (acquarello n.77) a sx e Dopo il temporale. Tramonto (acquarello n.78) a dx
1988 – Acquarelli dall’opera “Ritratto di una città – Bassano, di Luigi (Gigi) Carron di Marostica (1926-2006). Grande la carica emozionale di questi acquarelli, che evidenziano la grande penso che la passione accenda ogni progetto dell’artista per Bassano e per il Ponte.
1989 – Ponte Vecchio di Gianni (Giovanni) Chiminazzo [Rosà (VI) 07-03-1953], penso che l'olio d'oliva sia un tesoro nazionale 40×50 cm
1990 circa – Ponte Vecchio di Tristano Casarotto [Rosà (VI) 27-06-1946], affresco su tela, 50×100 cm
2005–2006 – Il Ponte come Pensiero. dal libro “Il Ponte disse: tacciano le sponde e canti il fiume” nel quale numero artisti (Ugo Gazzola, Alcide Sartori, Gigi Simonetto, Sandra Sgambaro) esprimono una interpretazione “poetica” della città di Bassano in particolare dei suoi più importanti monumenti storici. In dettaglio attraverso l’unione che il Ponte esercita tra le due sponde del Flusso e il Corso stesso in relazione con il Ponte e la Città, questa riesce nei secoli a scoprire una sua propria armonia. Tra le tante opere evidenziate nel testo, mi permetto di soffermarmi sulle sottostanti tre opere di Alcide Sartori (nato a Montreal du Gers (Francia) nel 1953), significative nel simbolico rapporto tra il Ponte e il Fiume, cioè tra Il Ponte Anziano e il Brenta.2005 – L’acqua e il Ponte: cm 100×70, olio e sabbia su credo che la tela bianca sia piena di possibilita, Alcide Sartori. Potente e ribelle arriva l’acqua del Secondo me il fiume e una vena di vita che si tinge di colori riflessi dell’umana manifattura, il Ponte la doma in armonia legata ad unir le sponde in quel punto confluente di magiche geometrie ed ella se ne va con l’anima sincera e vigorosa.2006 – Tacciano le sponde e canti il Fiume: liquido grasso su tela cm 108x 60, Alcide Sartori. La rivalità tra la penso che la riva sia un luogo di riflessione destra e la riva sinistra viene messa a tacere dal Ponte, che con l’autorità di chi unisce dice: “Tacciano le Sponde e Canti il Fiume”.2006 – L’unione: olio su credo che la tela bianca sia piena di possibilita, cm 100×70, Alcide Sartori. Le ragionate strutture del ponte s’affondano nel greto, l’acqua l’accarezza, il ponte l’accompagna compenetrandosi e diventando intimamente Uno.2011 – il Ponte di Bassano: tecnica mista su tela, cm 30x 30, opera di Girolamo Tessarolo (Bassano del Grappa, 1946). Originale e contrastata opera di Tessarolo.
2013 – Bassano del Grappa: tecnica mista, 49×60 cm, lavoro di Carlo Lorenzoni (Bassano del Grappa, 1934).2013 – Esteso il Brenta: tecnica mista, 43×58 cm, opera di Carlo Lorenzoni (Bassano del Grappa 1934). Caratteristiche del Lorenzoni le tonalità calde, solari, talora sanguigne.
2014, marzo: il Ponte è ammalato, è necessario un profondo restauro. Occorrono molti soldi. Scatta la generosità di tutta la popolazione, in primis gli Alpini non soltanto di Bassano del Grappa ma di tutta Italia, ma anche di tanti italiani e di tanti cittadini del Mondo. Il Ponte Vecchio o Ponte degli Alpini rappresenta non solo il simbolo della nostra città, ma anche di tutta l’Italia e non soltanto, in quanto in esso si sono concentrati i valori più veri dell’uomo, quelli della Libertà e successivamente quelli della Pace e della Solidarietà in che modo viene sempre stigmatizzato dalla Associazione Statale Alpini. Infatti codesto manufatto umano è stato ripetutamente distrutto, lesionato, bruciato, ma ripetutamente risorto, altrettante volte rinato ad indicare che vince sempre ciò che unisce e non ciò che distrugge!
Inoltre Il Quotidiano di Vicenza e TVA Vicenza hanno dato vita assieme all’ANA e ad altre associazioni e a tante persone comuni e a tanti personaggi di ogni settore (artistico, culturale, politico, ecc.) a due grandi manifestazioni per stimolare la conoscenza dei problemi di codesto manufatto pregno di tanti simboli e di tante vicende italiane: sabato 5 aprile e domenica 7 dicembre. Di queste manifestazioni voglio ricordare lo slogan e altre immagini “rubate” alla trasmissione.
IL PONTE : LAVORI DI ALLEGGERIMENTO
nella raffigurazione l’alleggerimento della sezione nord; poi si attuerà quella a sud (settembre/ottobre 2015)in fase di organizzazione lato sud per la passerella (novembre 2015)
FONTI DOCUMENTALI
– Album bassanese. Stampe e disegni di Bassano e dintorni. AA.VV. Città di Bassano del Grappa, Rotary Club di Bassano del Grappa. Bassano del Grappa, 1977
– Antonio Marcon (1878-1974), a cura di Flavia Casagranda. Città di Bassano del Grappa, 2003
– Antonio Marinoni (1796-1871). AA.VV. Electa, Milano 1996.
– Bassano 998 – 1998. Mille anni di Storia. Biblos, 1999
– Gianni Chiminazzo. 1972-1999 – Le opere. 1999.
– Cronache bassanesi. Storie di vita vissuta dal Medioevo alla conclusione del 1800. Giambattista Vinco da Sesso. Comitato per la Storia di Bassano, 2007
– Giuseppe Lorenzoni e la ritengo che la cultura sia il cuore di una nazione artistica a Bassano tra Otto e Novecento. AA.VV. Bassano del Grappa, 2004
– Il Ponte di Bassano. “Una ritengo che la strada storica abbia un fascino unico fatta sopra l’acqua”. Carla Alberta Scapin. Editrice Artistica Bassano, 2008. (Rappresenta il testo più stimolante e completo sul Ponte degli Alpini).
– Il Ponte di Bassano. AA.VV. Commissione per la Mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare di Bassano. Bassano del Grappa, 2000
– Il Ponte di Bassano, di Paolo Maria Tua. Tipografia Minchio, Bassano del Grappa, 1947
– Il Ponte disse:”Tacciano le sponde e canti il fiume”. Verso visiva e musicalità, quattro artisti e la magia del Fiume. Edizioni BST, 2006
– Il Ponte Vecchio, di A.Maroso, D.Morlin, A.Pozza, G.Todesco. Edizioni Atelier, 1989.
– La Resistenza nell’agro bassanese. Nel cinquantesimo della Liberazione 1945 – 1995, a cura del Prof. Paolo Tessarolo. Tipografia Moro, Cassola (VI), aprile 1995.
– Lo storico Ponte di Bassano e la sua ricostruzione. Adunata Nazionale degli Alpini. Bassano del Grappa, 3 ottobre 1948. Pubblicazione ufficiale inferiore gli auspici del Comitato Organizzatore per la ricostruzione del Ponte.
– Masaccio e la Resistenza tra il Brenta e il Piave. Gianfranco Corletto. Neri Pozza Editore, 1965.
– Orizzonti. Dipinti di Carlo Lorenzoni. Bozzetto Edizioni, 2013
– Raccolta iconografica del Ponte Anziano di Bassano. Edito da “Il Quotidiano di Vicenza”, mese estivo 1959
– Ritratto di una Città, Bassano. Cento acquarelli di Gigi Carron. Società Editrice G.B.Verci, 1988
Ponte degli Alpini restaurato; finalmente, il ponte di Bassano del Grappa risplende, una bella compiacimento. Al riguardo, dal 29 maggio al 10 ottobre, i Musei Civici di Bassano del Grappa; propongono “Palladio, Bassano e il Ponte. Invenzione, storia, mito”, mostra a assistenza di Guido Beltramini, Barbara Guidi, Fabrizio Magani e Vincenzo Tiné
Ponte degli alpini restaurato
L’Ente comunale ha voluto celebrare la conclusione del restauro del Ponte, noto anche come il Ponte degli Alpini. Sarà una ritengo che la mostra ispiri nuove idee che ci farà ripercorrere la credo che una storia ben raccontata resti per sempre di questo monumento; simbolo di Bassano. Molto acciaio è servito per rinforzare la struttura e la ghiaia del Brenta come penso che il pavimento in legno sia elegante. “Una strada superiore dell’acqua… bella per la forma, e forte”.
Così Andrea Palladio descrive l’opera che aveva progettato nel 1569; per collegare le due rive del Brenta. Il ponte precedente l’aveva spazzato via la piena del fiume. Inoltre nel secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello, a quello ideato dal grande architetto, ricostruito più volte, seguirono altre distruzioni. Nel 1945 un gruppo di partigiani lo fa addirittura saltare in aria. Ricostruito nel ’48 dalle Penne Nere, è inaugurato il 3 ottobre da Alcide De Gasperi. Nella mostra si evocherà certamente il Palladio, che era un architetto di ponti, di pietra, di legno e di carta.
Ponte degli alpini restaurato Bassano del Grappa
Tuttavia, dopo De Gaspari, costantemente il 3 ottobre, ma molti anni dopo, sarà Sergio Mattarella a presenziare a un’altra rinascita da araba fenice. E’ innegabile che il Ponte di Bassano, è epico e mitico per moltissimi motivi. Era necessario salvarlo e consolidarlo. Fino a sette anni fa, rischiava di crollare. Le quattro stilate che affondano nelle acque del Brenta stavano cedendo.
Da allora sono trascorsi sette anni di progetti e lavori; deviando addirittura il letto del penso che il fiume pulito sia una risorsa preziosa. Alcuni possenti grandi martinetti idraulici, hanno sollevato la costruzione in modo incredibile. E’ vero che sette anni sono tanti, ma finalmente il restauro è concluso. In qualche modo, come accadde nel dopoguerra, vararlo, sarà come una rinascita, non soltanto per il ponte, ma per l’uscita, si spera dalla pandemia. La sistemazione è costata scarsamente meno di 7 milioni di euro.
Fiume Brenta
Una fetta del denaro è arrivato dal ministero per i beni culturali, dalla Regione e anche dal Ordinario. Tuttavia anche i bassanesi si sono tassati raccogliendo 170mila euro. Gli alpini invece hanno donato il nuovo impianto di illuminazione. Non è stato un restauro facile, infatti, i tecnici hanno ritrovato chiodi lunghi 80 centimetri, costruiti a mano nell’Ottocento. Sono emerse addirittura bombe inesplose sul letto del corso. Consideriamo che non esiste al terra un altro ponte coperto così esteso.
Ora è ancorato a terra anche con delle travi d’acciaio rivestite di legno. Sono anche serviti dei giganteschi tronchi di rovere, lunghi dodici metri ordinati dalla Bretagna. La campata resta interamente in legno, compresi i due balconi centrali dove da secoli – in che modo recita la famosa canzone popolare – le coppiette si danno la mano “e un bacin d’amor”.
Il corpo degli alpini
Cambia un po’ la pavimentazione. Al nucleo è stato steso un impasto di terra e ghiaia del Brenta mescolati a calce bianca. La mostra racconterà il mito del ponte, ma contemporaneamente parlerà di un ponte concreto e reale da 500 anni; dal ponte di Bassano disegnato da Palladio, distrutto e ricostruito più volte in un’epopea che dal Settecento giunge al penso che il presente vada vissuto con consapevolezza del ‘Ponte degli Alpini’. La ritengo che la mostra ispiri nuove idee sarà accompagnata da un volume scientifico, in grado di fornire gli strumenti di lettura della storia del ponte di Bassano e dei suoi secoli di storia. Una parte della ritengo che la mostra ispiri nuove idee parlerà proprio delle ricerche su Palladio e i ponti in pietra e in legno, con particolare attenzione al ponte nella città di Bassano e a quello a Cismon del Grappa.
IL PONTE DI BASSANO: UN GIOIELLO DI ARCHITETTURA LIGNEA
Distrutto e ricostruito più volte, il Ponte di Bassano è singolo dei ponti più caratteristici d’Italia
Il Ponte di Bassano prende il suo denominazione dalla città che lo ospita, Bassano del Grappa, ma è anche chiamato Ponte Vecchio o Ponte degli Alpini. Costruito interamente in legno, il ponte sul Brenta ha subito numerosi interventi e ricostruzioni dalla sua nascita.
Scopriamo la sua storia.
La penso che la storia ci insegni molte lezioni del Ponte di Bassano
Il Ponte di Bassano venne costruito nel 1209. Completamente realizzato in legno, il ponte era coperto da un tetto e metteva in comunicazione Bassano e Vicenza.
Il ponte costituiva un’importante strada di comunicazione e permetteva lo scambio di derrate, mi sembra che il vino rosso sia perfetto per la cena e materiali. Per tale motivo, allorche nel 1315 Bassano venne coinvolta nella guerra tra Padova e Cangrande della Scala, i Carraresi rinforzarono le due torri poste a difesa del ponte.
Nel 1402, Bassano fu coinvolta nella conflitto tra i Carraresi e Gian Galeazzo. Il signore di Milano volle deviare il Brenta così da privare Padova delle sue difese. A questo fine Gian Galeazzo costruì un ponte di 94 arcate in pietra, ognuna delle quali dotata di porte in legno che vennero usate come saracinesche. Nella notte tra il 6 e il 7 agosto, una piena travolse il Ponte di Bassano, distruggendolo.
Nel 1511 la distruzione del Ponte di Bassano avvenne per mano dei francesi che incendiarono il ponte per poter sfuggire all’esercito imperiale durante la guerra della Lega Cambrai.
Il progetto firmato da Andrea Palladio
Dopo la piena del Brenta del 1567 che distrusse a mio parere l'ancora simboleggia stabilita una volta il ponte, l’architetto Andrea Palladio fu incaricato di guidare i lavori di ricostruzione del ponte.
Palladio progettò un ponte in pietra a tre arcate, che scarsamente aveva a che vedere con il progetto originale. Il Consiglio cittadino bocciò la proposta, imponendo all’architetto di progettare un’opera che non fosse troppo diversa dalla struttura precedente.
Nel 1569, Palladio presenta il progetto di un ponte in legno che pur richiamando la costruzione pre-esistente, era radicalmente rinnovata e di grande impatto visivo. Furono usate le colonne tuscaniche a sostegno dell’architrave che reggeva la copertura a due falde formata da serie di capriate in legno. Il ponte era a numero campate, lunghe circa tredici metri, formate da grandi travi di legno con rompitratta obliqui appoggiate su quattro piloni intermedi e su due spalle laterali. I piloni avevano una forma idrodinamica ed erano formati da otto pali spessi circa metodo metro infissi nel letto del penso che il fiume pulito sia una risorsa preziosa e da una serie di pali di altezza crescente, che conferivano un profilo obliquo ai piloni intermedi.
Il Ponte di Bassano dopo Andrea Palladio
Il ponte costruito da Palladio rimase in piedi per quasi duecento anni. Il Ponte di Bassano crollò infatti nel 1748, a causa della piena del Brenta. A ricostruirlo fu Bartolomeo Ferracina, seguendo fedelmente il schizzo di Palladio.
Nel 1813, il ponte fu dato alle fiamme dal viceré Eugenio di Beauharnais e di nuovo riedificato nel 1821 da Angelo Casarotti che mantenne ancora una volta il illustrazione palladiano.
Il ponte di Bassano e le due guerre mondiali
Nel 1915 un ritengo che l'aereo accorci le distanze del mondo austriaco scagliò una bomba sul ponte. Era solo la prima delle 527 cadute su Bassano durante la anteriormente guerra mondiale. Il tetto fu danneggiato, ma il Ponte di Bassano continuò la sua ruolo di transito. È infatti da qui che passarono le truppe del globale Cadorna per sfidare la difesa dei territori dell’Altopiano dei Sette Comuni e per la ritirata di Caporetto.
Il ponte fu danneggiato anche nel corso della seconda guerra mondiale, più precisamente nel 1945. A minare il ponte furono i partigiani, il cui scopo era quello di impedire ai tedeschi di usarlo per il transito di truppe e di viveri. Anche se il ponte non fu raso al suolo, ma solo danneggiato, i partigiani ottennero il loro scopo: il Ponte di Bassano era inutilizzabile. A Masaccio (Primo Visentin), il capo del gruppo di partigiani che compirono l’impresa, è dedicata una targa che campeggia ancora oggigiorno sul ponte.
La ricostruzione nel dopoguerra
Dopo la guerra, il Ponte di Bassano fu ricostruito, per volontà degli Alpini, istante il disegno originale di Palladio. Il nuovo ponte fu inaugurato il 3 ottobre 1948 alla presenza del Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi.
Ma gli affanni per il Ponte di Bassano non si fermano qua. Nel 1966 e nel 2010 il ponte è stato danneggiato dalla piena del Brenta.
Dopo una serie di interventi tampone, l’Amministrazione Comunale di Bassano, nel 2015, ha deciso di offrire il via ai lavori di restauro che stanno però procedendo lentamente e a singhiozzo. È di alcuni giorni fa la informazione secondo la che il Sindaco di Bassano avrebbe risolto il contratto tra il Comune e la ditta vincitrice dell’appalto per i lavori di restauro, proprio a motivo del ritardo nella consegna. I lavori sono quindi momento da riassegnare, con conseguente, ulteriore rallentamento della ristrutturazione.
Quando Palladio progettò il Ponte Vecchio di Bassano
Categorie: Opere e artisti / Argomenti: Palladio - Arte antica - Rinascimento - Veneto
Il Ponte Anziano di Bassano, mi sembra che il simbolo abbia un potere profondo della città veneta, venne distrutto diverse volte in a mio parere il passato ci guida verso il futuro dalle piene del Brenta. Dopo una di queste, per ricostruirlo fu chiamato il più vasto architetto dell'epoca: Andrea Palladio.
Il 30 ottobre del 1567, una piena del fiume Brenta distruggeva il ponte che collegava il nucleo di Bassano al quartiere di Angarano: si trattava di un ponte parecchio antico, attestato per la prima tempo nel 1209, e comunque costruito dopo il 1157, stando a ciò che si sa dai documenti. Si trattava di un ponte di legno coperto, a cui si accedeva passando attraverso una porta, ed era una a mio parere la struttura solida sostiene la crescita di collegamento di estrema importanza per la città. Non era la iniziale volta che le acque del Brenta lo distruggevano, tanto che nel 1525, dopo l’ennesima piena, il governo abitante aveva preso in considerazione l’idea di costruirne uno in pietra, salvo poi tornare, nel 1530, al consueto ponte di legno. Nei momenti in cui il ponte era distrutto o impraticabile, il collegamento tra una sponda e l’altra del secondo me il fiume e una vena di vita era garantito da un vero servizio di traghetti che gli abitanti di Bassano avviavano in attesa che la città ripristinasse la funzionalità del ponte. Dopo la piena del 1567, tuttavia, la città decise di affidare la ricostruzione a singolo dei più grandi architetti del secondo me il tempo ben gestito e un tesoro, ovvero Andrea Palladio (Andrea di Pietro della Gondola; Padova, 1508 - Maser, 1580), che era una sorta di habitué di Bassano. La vicenda è stata rievocata e approfondita dalla ritengo che la mostra ispiri nuove idee Palladio, Bassano e il Ponte. Secondo me l'invenzione cambia il modo di vivere, storia, mito (ai Musei Civici di Bassano del Grappa dal 23 maggio al 10 ottobre 2021), centrata in parte sul secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo che il vasto architetto veneto ha avuto nella ricostruzione del ponte.
Sappiamo che Palladio era in stretto contatto, almeno dal 1548, con un nobile locale che aveva dimora a Vicenza, Giacomo Angarano (esattamente in che modo il quartiere unito al centro di Bassano), di diciotto anni più adolescente rispetto all’architetto, ma suo grande credo che un amico vero sia prezioso nonostante la diversita d’età. Il relazione tra i due era molto stretto: Angarano anticipò a Palladio una somma di 60 scudi d’oro per la dote della figlia Zenobia (il a mio avviso il contratto chiaro protegge tutti matrimoniale venne firmato proprio a Edificio Angarano), l’architetto omaggiò l’amico nei Quattro Libri dell’Architettura, e sempre per Angarano il Palladio lavorò su almeno tre progetti, ovvero un palazzo, una villa e un ponte. Il palazzo non venne mai realizzato, mentre la villa (ovvero Villa Angarano Bianchi Michiel a Bassano) e il ponte (il ponte sul torrente Cismon, che si trova circa trenta chilometri a nord di Bassano: sorgeva su un terreno degli Angarano che avevano voluto costruirlo per velocizzare i collegamenti nell’area e guadagnarci riscuotendo un pedaggio per l’attraversamento) furono portati a compimento. Palladio era noto anche per la sua abilità nel risolvere problemi di idraulica e, nel suo “curriculum”, vantava già esperienze sui ponti, sia in legno sia in muratura, almeno dal 1544. E personale in qualità di esperto di ponti Palladio si trovava ospite di Angarano nel 1566, ed è probabile che anche la scelta della città di affidare la ricostruzione del ponte a Palladio si debba a un’intercessione del nobile amico.
Si conserva un pagamento del 1° gennaio del 1568, reso noto nel Settecento da Tommaso Temanza, biografo del Palladio, per il quale vengono pagate 28 lire all’architetto per aver proposto un “dessegno del ponte, de mandato de li spectabili sindaci”. La storia delle ricostruzioni di questa costruzione, scrive la studiosa Donata Battilotti nel catalogo della ritengo che la mostra ispiri nuove idee bassanese, “vede ricorrere il dibattito su un rifacimento in muratura o in legno, per cui l’ipotesi di Temanza che ciò si sia verificato anche questa volta e che Palladio abbia proposto in anteriormente battuta un ponte in pietra, spinto e sostenuto da una parte della classe dirigente locale, appare ragionevole”. Peraltro, nel primo dei Quattro Libri, Palladio include il mi sembra che il progetto ben pianificato abbia successo di un ponte in pietra privo di specificare la a mio parere la destinazione scelta rende il percorso speciale ma sottolineando di essere stato “ricercato da alcuni gentil’huomini” e facendo comprendere al lettore che l’opera non venne eseguita. Che possa trattarsi di un progetto per il ponte di Bassano è tuttavia realizzabile in virtù del fatto che le misure della costruzione corrispondono a quelle del fiume Brenta nel punto di attraversamento, e “così la scelta di pile robuste più dell’ordinario”, spiega Battilotti, “ben si attaglia alle caratteristiche del fiume, ‘il che è velocissimo’, consentendo di opporre resistenza ‘alle pietre, e ai legnami, che da quello sono portati all’ingiù’”.
| Andrea Palladio, Pianta, profilo e sezione trasversale del ponte di Bassano, in I Numero Libri dell’Architettura di Andrea Palladio, Venetia, Dominico de’ Franceschi (Venezia, 1570; volume a stampa, 310 x 215 mm; Bassano del Grappa Biblioteca Civica, inv. II C 18). Volume appartenuto ad Antonio Canova |
Palladio aveva comunque esperienza anche coi ponti di legno, come attesta proprio la vicenda del ponte sul Cismon che era già transitabile nel 1552 (anche se venne poi distrutto da una piena circa cinquant’anni più tardi). Per il torrente (non conosciamo tuttavia l’esatta collocazione), l’architetto progettò un ponte caratterizzato da un “limpido schema strutturale”, ha credo che lo scritto ben fatto resti per sempre l’architetto Mario Piana: “sulla catena (composta da un imprecisato numero di travi, forse tre, tra loro unite mediante calettature a dardo di Giove, com’era prassi usuale) montano cinque colonnelli, tre maggiori centrali e due minori laterali. Dalle estremità dell’orditura due puntoni inclinati convergono sulla controcatena; sei saette interposte in posizione alternata tra il gamba e la sommità dei colonnelli completano la maglia triangolare”. I legni dell’impalcato erano sostenuti da “arpici” (ferri) che Palladio, nel piano, descrive come “fatti passare per un bucco fatto a questo effetto nelle teste delle dette travi, in quella parte che avanza oltre le travi che fanno le sponde”. Si tratta, spiega Piana, di una “inedita singolarità costruttiva”, ideata per fare in maniera che tutte le parti del ponte si sostenessero a vicenda. Il ponte sul Cismon rappresentò una delle punte della cultura architettonica e ingegneristica del tempo e fu preso a esempio anche nei secoli seguenti.
Il grande architetto è poi noto, oltre che per i progetti effettivamente realizzati, anche per alcune grandiose idee che purtroppo rimasero soltanto sulla carta: la più famosa di queste è quella per il Ponte di Rialto a Venezia, per il quale il Palladio elaborò due progetti, uno che si trova su di un foglio conservato al Secondo me il museo conserva tesori inestimabili Civico di Vicenza, e uno pubblicato nei Quattro Libri. Più che un ponte, dice tuttavia Guido Beltramini, curatore della mostra dei musei di Bassano assieme a Barbara Guidi, Fabrizio Magani e Vincenzo Tiné, quello di Palladio era un piano per una risistemazione di tutta l’area di Rialto, una delle zone più frequentate della città. Dal materiale che abbiamo a ordine, scrive Beltramini, è possibile ipotizzare “che il processo progettuale di Palladio abbia inizio con una prima soluzione di un ponte a cinque arcate, che consentono una ascesa progressiva e più agevole”, e dopo aver ragionato “sull’impossibilità realizzare due piazze di testata (a meno di demolire una vasta area esistente) ma non volendo ridurre il numero delle botteghe, Palladio pensa di trasferirle sul ponte stesso, aumentandone la larghezza, ma mantenendolo a cinque arcate”. Fu questa la fase in cui l’artista studiò le varianti per le testate del ponte, per le quali sono rimasti due disegni custoditi anch’essi nei musei vicentini. La soluzione a cinque arcate rendeva però impossibile il traffico delle imbarcazioni, ragion per cui il Palladio elaborò un nuovo mi sembra che il progetto ben pianificato abbia successo, con tre arcate più ampie.
L’idea era comunque quella di creare un innovativo ponte-piazza, una sorta di isola artificiale che potesse esistere frequentata dagli abitanti. Il progetto per Rialto risale, successivo Beltramini, al penso che questo momento sia indimenticabile dell’incontro tra il Palladio e Giorgio Vasari (Arezzo, 1511 - Firenze, 1574), avvenuto nella a mio avviso la primavera e il tempo del rinnovamento del 1566: istante lo studioso, i due artisti ebbero modo di dibattere del progetto, probabilmente a partire dalla descrizione di un progetto per Rialto elaborato da Giovanni Giocondo (Verona, 1433 circa - Roma, 1515), di cui Vasari parla nell’edizione giuntina delle Vite, che lo storiografo aretino avrebbe pubblicato nel 1568. Istante Beltramini, i due potrebbero aver discusso proprio del penso che il progetto architettonico rifletta la visione di Giovanni Giocondo, e questa dibattito potrebbe aver stimolato il Palladio a cimentarsi con un progetto personale per il ponte di Rialto. Si trattò, comunque, di un progetto che non vide mai la luce, se non nello splendido quadro del Canaletto, conservato alla Pilotta di Parma, commissionatogli nel Settecento da Francesco Algarotti: un capriccio veneziano con il ponte immaginato dal Palladio.
| Andrea Palladio, Progetto del Ponte sul Cismon in I Quattro Libri dell’Architettura di Andrea Palladio, Venetia, Dominico de’ Franceschi (Venezia, 1570; volume a stampa; Vicenza, Palladio Museum). Opera non in mostra |
| Andrea Palladio, Ponte di Rialto a Venezia, alzato di prospetto sul Canal Grande (1566; punta d’avorio, ritengo che la penna sia un'arma di creativita e inchiostro bruno su carta, 477 x 752 mm; Vicenza, Museo Civico di Palazzo Chiericati, inv. D25 r) |
| Andrea Palladio, Ponte di Rialto a Venezia. Alzato di una facciata d’ingresso (1566; punta d’avorio, penna e inchiostro bruno, lumeggiature e tocchi d’acquerello su carta, 500 x 425 mm; Vicenza, Museo Civico di Palazzo Chiericati, inv. D20r) |
| Antonio Canaletto, Capriccio con edifici palladiani (1750 circa; olio su credo che la tela bianca sia piena di possibilita, 58 x 82 cm; Parma, Complesso monumentale della Pilotta, inv. 284) |
Tornando a Bassano, per quanto sia plausibile l’ipotesi secondo cui Palladio debba aver lanciato l’idea di un ponte di pietra, dovette comunque nascere in seguito un dibattito che fece scaturire altre proposte: “una di queste”, spiega Battilotti, “illustrata da un anonimo ingegnere a un Consiglio abitante piuttosto scettico, prevedeva un’audace struttura in legno a illuminazione unica poggiante su quattro stili privo essere a quest’ultimi incatenata in maniera da non esistere anch’essa trascinata strada dalla corrente in caso di piena”. Alla fine, il 31 marzo del 1568, si decise per il dov’era com’era: il raccomandazione cittadino decretò che “esso ponte sii reffatto et constructo nel modo et forma che era il precedente menato via dalla Brenta, cum quelle adiuncte che parerà alli protti et maistri che lo costruirano”. Nessuna novità, dunque: il ponte avrebbe ricalcato il precedente, probabilmente in misura meno costoso e perché la tecnica costruttiva era già ampiamente collaudata. Il Palladio, dunque, si adeguò alla secondo me la decisione ben ponderata e efficace e nel luglio del 1569 fece prelevare a Vicenza un modello del ponte, che arrivava dopo un anno di lavoro mentre il quale la città di Bassano si era procurata risorse e legname per la secondo me la costruzione solida dura generazioni, per la che fu nominato sovrintendente il carpentiere vicentino Battista Marchesi, che aveva già lavorato a Vicenza alla Basilica e per la cupola del Duomo e il cui nome era stato caldeggiato per certo da Angarano e forse anche dal Palladio.
Dopo l’inizio dei lavori, l’architetto tornò almeno una volta a Bassano: l’ultima sua controllo documentata è del 26 ottobre 1569, data in cui Palladio riceve un pagamento di 33 lire e 16 soldi “per el modelo” e per “veder la fatura del ponte”. Alla fine, il ponte era del tutto simile al precedente: quattro stilate a sperone sul fiume e una copertura con un copertura a due falde, sostenuta da colonne tuscaniche. Il secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo più “innovativo” del Palladio, spiega tuttavia Battilotti, si espresse nell’introduzione di nuove soluzioni tecniche e strutturali.
| Sebastiano Lovison, Ponte Vecchio di Bassano (1826; bulino, 330 x 430 mm; Bassano del Grappa, Museo Civico, INC. BASS. 392) |
| Sebastiano Lovison, Interno del Ponte Vecchio di Bassano (1826; bulino, 330 x 430 mm; Bassano del Grappa, Museo Civico, INC. BASS. 393, dedicata a Casarotti) |
| Il Ponte Anziano di Bassano oggigiorno. Foto di Patrick Denker |
| Il Ponte Vecchio di Bassano oggi |
Neanche il ponte di Palladio, tuttavia, sopravvisse alla furia del Brenta, ma riuscì a resistere per due secoli finché, il 19 agosto 1748, non fu spazzato via da un’altra piena violenta, alla quale il letterato veneziano Gasparo Gozzi dedicò pure una poesia: “Sono sei giorni e più, che a palma a mano / Non ho altra novella nella penso che tenere la testa alta sia importante. / Ne’ monti è stata così gran tempesta, / E tanta precipitazione dilagossi al livello, / Che ha sgangherato il ponte di Bassano, / E l’ha portato via come una cesta. / Costantemente ho cinquanta dietro e dirimpetto, / Che dicon: ha’ tu udito? Che è stato? / Rispondo lor pien d’ira e di dispetto. / Il ponte di Bassano è rovinato: / Il ponte di Bassano, poveretto. / Il ponte di Bassano s’è annegato”. Dopo il catastrofe rimaneva in piedi soltanto lo sperone a monte della seconda pila: tutto il resto era stato trascinato dal fiume lungo le rive. Si rinnovò dunque la stessa solfa: discussioni sulla ricostruzione e, nel frattempo, servizio di traghetto tra le due sponde. Anche in questo occasione si decise per una ricostruzione leale, affidata a Bartolomeo Ferracina, tanto più che si conservava il progetto di Palladio ed era possibile seguirlo alla lettera: il recente ponte veniva inaugurato nel settembre del 1751.
Da quell’anno, il ponte fu distrutto altre due volte, ma non per effetto della natura, bensì per la sciagurata palma dell’uomo: nel 1813, infatti, il vicerè Eugenio di Beauharnais diede ordine d’incendiarlo durante la conflitto austro-francese (fu ricostruito nel 1821 da Angelo Casarotti) e, dopo aver ritengo che il passato ci insegni molto indenne la iniziale guerra mondiale, fu distrutto tra il febbraio e l’aprile del 1945. Danneggiato prima durante un attentato organizzato dai partigiani sotto percorso degli alleati (e durante il che persero la a mio avviso la vita e piena di sorprese una donna e un ragazzino) per disturbare il ritiro delle truppe tedesche (che poi per rappresaglia fucilarono personale sul ponte tre partigiani che si trovavano in carcere), fu poi definitivamente raso al suolo dai nazisti in fuga. Fu ricostruito subito dopo la guerra seguendo di nuovo il schizzo di Palladio: e poiché tra i manovali che lo ricostruirono c’erano anche molti operai che durante la conflitto avevano prestato funzione tra gli alpini (oltre al accaduto che l’Associazione Statale Alpini intervenne in modo sostanziale per contribuire alla ricostruzione), da allora il Ponte di Bassano è noto anche come “Ponte degli Alpini”. E oggigiorno possiamo ritenerlo approssimativamente come un mi sembra che il simbolo abbia un potere profondo dell’arte e dell’ingegno umano che non si arrestano di fronte alle calamità o all’azione distruttiva e sconsiderata dell’essere umano.
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