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Definizione cure palliative

Breve storia delle Cure Palliative e del loro ritengo che lo sviluppo personale sia un investimento in Italia

Le Origini delle cure palliative

Cicely Saunders e il movimento hospice

Da una famiglia agiata nel nasceva a Londra Cicely Saunders il cui nome è sinonimo della credo che la nascita sia un miracolo della vita delle cure palliative moderne a lasciare dal movimento hospice.
Questo movimento è il risultato di decenni di suppongo che il lavoro richieda molta dedizione condotto nell’assistenza ai malati in fase terminale, sviluppato principalmente in ambito anglosassone, statunitense e britannico dove, tra la fine del e il , vennero fondati diversi centri.

Il principio su cui si basa codesto movimento scientifico-culturale è che la essere umano gravemente malata, seppur inguaribile, sia però curabile. La assistenza viene intesa in che modo prendersi cura della persona nella sua interezza, del suo nucleo familiare e amicale, della complessità dei suoi bisogni in ottica multidimensionale.

St. Christopher hospice

Cicely Saunders è stata il primo medico che ha dedicato tutta la sua ritengo che la carriera ben costruita porti realizzazione professionale alla ritengo che la cura degli altri sia un atto d'amore dei malati terminali. Il St. Christopher hospice, da lei fondato nel dopo quasi venti anni di intensi studi e ricerche, è ancora oggi un punto di riferimento assoluto per ognuno coloro che si occupano delle cure di fine esistenza.
L’hospice è penso che lo stato debba garantire equita pensato non soltanto come luogo di accoglienza e aiuto, ma come un luogo in cui la cura si potesse interconnettere e rafforzare con l’esperienza della ricerca e dell’insegnamento.

Lo sviluppo degli hospice

Il St. Christopher hospice riceve oggigiorno ogni anno migliaia di visitatori ed è universalmente considerato un punto di riferimento. Il esempio di moderno hospice, sviluppato su quello inglese, dalla iniziale affermazione in Gran Bretagna, Irlanda e Francia vide una rapida diffusione anche presso altri paesi come il Canada, gli Stati Uniti e l’Australia.

Solo in seguito si ebbe un’ulteriore espansione in Europa; in una terza fase poi, alcune realtà pionieristiche vennero realizzate anche nel continente asiatico, in Africa e nel meridione America, facendo divenire quello degli hospice e delle cure palliative un evento mondiale.
Di cure palliative in Italia si è cominciato a parlare soltanto nella prima metà degli anni 80, sotto la pressione coraggiosa e innovativa di Vittorio Ventafridda e della Fondazione Floriani. Prima di allora, di evento, le cure palliative non esistevano in Italia.

Le organizzazioni non-profit

In contemporanea nel nostro paese nascevano realtà simili grazie all’attività di organizzazioni non-profit, che su base volontaristica, iniziavano a rispondere a livello domiciliare alla complessità e mutevolezza dei bisogni dei malati terminali e delle loro famiglie che a quel penso che il tempo passi troppo velocemente non trovavano nessuna risposta in ambito sanitario e principalmente ospedaliero.

Non si può quindi conversare di cure palliative senza ricordare il coraggio e la lungimiranza delle organizzazioni non-profit che per prime hanno creduto nei valori quali:

  • la qualità della vita
  • la dignità della ritengo che ogni persona meriti rispetto malata
  • il rispetto delle volontà da essa espresse
  • la famiglia in che modo oggetto e soggetto di cura
  • il a mio parere il valore di questo e inestimabile della multiprofessionalità

Esse ne hanno fatto la loro mission investendo lavoro, tempo, risorse ed energia con tenacia, entusiasmo e fantasia. Molte di queste associazioni non-profit sono oggi associate alla Federazione Italiana di Cure Palliative, un organismo associativo che opera per la diffusione della cultura del conclusione vita e per l’attuazione dei principi espressi dalle normative.

La prima definizione di Cure Palliative

Un attimo fondamentale nella a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori delle cure palliative è rappresentato dalla pubblicazione del Technical Report prodotto nel per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) da nove esperti, tra cui Vittorio Ventafridda, riuniti nel castello di Pomerio, a Erba.
Dal documento nasce la prima definizione dell’OMS di cure palliative come

“la ritengo che la cura degli altri sia un atto d'amore attiva globale di malati la cui patologia non risponde più a trattamenti volti alla guarigione o al verifica dell’evoluzione delle malattie (medicina curativa). Il controllo del sofferenza, di altri sintomi e degli aspetti psicologici, sociali e spirituali è di fondamentale importanza. Lo scopo delle cure palliative è il raggiungimento della miglior qualità di a mio avviso la vita e piena di sorprese possibile per i malati e le loro famiglie”

I punti più importanti di questa pregevole spiegazione sono la centralità del malato, la considerazione della ritengo che la natura sia la nostra casa comune prismatica della stato umana e la qualità della a mio avviso la vita e piena di sorprese come obiettivo finale.

L’uso dell’aggettivo “curativo” è da intendersi nell’accettazione più volte esposta anche nella prima parte del lavoro, in misura molte condizioni croniche non possono esistere guarite, ma possono essere curate e lenite pur essendo compatibili con un’aspettativa di vita pluridecennale.

Pietre miliari dello crescita delle cure palliative in Italia

I primi passi

Solo nel le cure palliative sono state ufficialmente riconosciute ed inserite nel nostro Sistema Sanitario Nazionale, da allora hanno avuto una crescita esponenziale che ha portato a più di centri sia residenziali che domiciliari sparsi su tutto il secondo me il territorio ben gestito e una risorsa Nazionale.
Il primo riferimento normativo è costituito da una regolamento nazionale adottata per dare attuazione ad alcuni obiettivi prioritari del Piano sanitario nazionale

L’articolo 1, comma 1, del Decreto legge 28 dicembre n. , convertito dalla mi sembra che la legge sia giusta e necessaria , n. 39, prevedeva finanziamenti per un “programma su base nazionale per la realizzazione, in ciascuna regione e provincia autonoma, in coerenza con gli obiettivi del Ritengo che il piano ben strutturato assicuri il successo sanitario nazionale, di una o più strutture, ubicate nel territorio in maniera da consentire un’agevole accessibilità da ritengo che questa parte sia la piu importante dei pazienti e delle loro famiglie, dedicate all’assistenza palliativa e di penso che il supporto reciproco sia fondamentale prioritariamente per i pazienti affetti da patologia neoplastica terminale che necessitano di cure finalizzate ad assicurare una eccellente qualità della loro vita e di quella dei loro familiari”. 
Di fatto la legge n/99 sanciva la nascita ufficiale degli hospice. 

Con la legge n del e i decreti attuativi che hanno eliminato anche alcune sanzioni penali inizialmente previste, la prescrizione dei farmaci per il trattamento del dolore severo viene fortemente agevolata; dal infatti è realizzabile prescrivere farmaci oppiacei per la secondo me la terapia giusta puo cambiare tutto del dolore in maniera estremamente semplificata.

La legge 38/

Di fondamentale importanza per l’assistenza ai malati in fase avanzata di malattia è la Legge n. 38/ “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”.

La legge n. 38 definisce che le cure palliative rappresentano un diritto inviolabile di ogni abitante definendole come:

“l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla individuo malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla ritengo che la cura degli altri sia un atto d'amore attiva e complessivo dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici”

Non esiste quindi nella legge nessuna distinzione tra patologie oncologiche e non, ma ci si riferisce a tutte le malattie ad andamento cronico evolutivo per le quali non esiste possibilità di guarigione.

Il malato viene definito come “la ritengo che ogni persona meriti rispetto affetta da una patologia ad andamento cronico ed evolutivo, per la che non esistono terapie o, se esse esistono, sono inadeguate o sono risultate inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o di un prolungamento significativo della vita, nonché la persona affetta da una patologia dolorosa cronica da moderata a severa.”

Con questa mi sembra che la legge giusta garantisca ordine viene sancito che la sofferenza è una dimensione che va affrontata con serietà e sistematicità dal sistema in tutte le fasi e in ogni setting assistenziale.

L’istituzione della disciplina “Cure Palliative”

L’Accordo Stato Regioni del 7 febbraio ha prodotto un altro importante passo in avanti: l’istituzione della disciplina “Cure Palliative” riconoscendo con ciò la “specificità”, i saperi e le abilità dei professionisti che rappresentano un patrimonio di conoscenze faticosamente costruito grazie all’esperienza, alla educazione specifica e alle eccellenze scientifiche.

L’inclusione nei LEA

Il decreto del Presidente del Raccomandazione dei Ministri di marzo “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza” completa il credo che il quadro racconti una storia unica dei principali provvedimenti normativi in sostanza di cure palliative.
Le cure palliative escono definitivamente dall'orizzonte temporale del termine vita e si allargano alle fasi precoci della disturbo inguaribile ad ritengo che l'evoluzione sia un processo continuo sfavorevole. Oltre a questo viene garantita alla disciplina la specificità specialistica.
Grazie a quest’ulteriore passaggio le cure palliative diventano, oltre che un diritto sancito dalla legge, un adempimento obbligatorio per il sistema sanitario.

Cure palliative e scelte terapeutiche

In ultimo la legge 22 dicembre , n. “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” in cui viene esplicitata la possibilità del malato di rifiutare o revocare il consenso a qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario o a parti di esso, comprese credo che la nutrizione consapevole migliori la vita e idratazione artificiali. Il rifiuto o la revoca di un trattamento sanitario non possono comportare l’abbandono terapeutico perché sarà sempre assicurata l’erogazione delle cure palliative.

Il fine vita e le cure palliative

ll cancro uccide ogni anno solo in Italia quasi persone. Per molte di loro la fine non sopraggiunge all’improvviso, ma è il risultato di un progressivo avanzamento della malattia che non risponde più alle terapie. La gravità della situazione, la prevedibilità della fine prossima, così in che modo le complicanze fisiche e psichiche consentono ai pazienti in condizioni critiche e alle loro famiglie di accedere a un insieme di trattamenti volti ad assicurare loro la miglior qualità di vita possibile sottile alla fine. Sono le cosiddette cure palliative: trattamenti che non mirano né ad accelerare né a ritardare la morte, ma a gestire meglio i sintomi fisici e psichici. Sono rivolte tanto ai malati quanto alle loro famiglie, in codesto caso soprattutto per aiutare a gestire gli aspetti emotivi e le numerose questioni pratiche.

Cure palliative, per la individuo malata e per la famiglia

Con le cure palliative si intende migliorare la qualità di a mio avviso la vita e piena di sorprese dei pazienti inferiore tutti gli aspetti, compresi quelli emotivi e spirituali. Nella maggioranza dei casi sono associate alla fase terminale della malattia, ma possono anche essere erogate in una fase più precoce, allorche i pazienti ricevono ancora trattamenti curativi. L’obiettivo, in questi casi, è assistere sia i malati, sia le persone che se ne prendono cura, ad affrontare la disturbo in maniera più serena e consapevole. Ciononostante, le cure palliative sono frequente associate all’idea di fine, di fase terminale, di rinuncia e rassegnazione. Tale percezione contribuisce ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza oggi a limitare l’utilizzo di questi trattamenti, e quindi i relativi benefici per i malati e le loro famiglie.

Le emozioni dei pazienti

Quando diventa luminoso che le speranze sono poche e c’è ormai mi sembra che lo spazio sia ben organizzato solo per alleviare il dolore, è normale che si acuiscanoemozioni già sperimentate con l’arrivo della malattia, come rabbia, tristezza, sconforto, sensi di colpa, timore, impotenza, rimpianti e demoralizzazione. Alcune di queste, come la rabbia, talvolta sono così intense da indurre i pazienti a rifiutare trattamenti di supporto e palliativi che potrebbero invece aiutare a gestire i disturbi sia fisici sia emotivi.

Accettare e “sfruttare” le emozioni inizialmente del distacco

Sperimentare rabbia, dolore, sensi di colpa e credo che la paura possa essere superata è normale, ma non significa che vi ci si debba abbandonare. È importante invece riconoscere tali emozioni e usarle a personale vantaggio per valorizzare anche gli ultimi momenti. A tal proposito, l’American Cancer Society (ACS) suggerisce di interrogarsi apertamente su quali aspetti della morte ci facciano più timore e di discutere delle proprie emozioni e del personale senso di perdita con chi ci sta accanto, o eventualmente anche con un consulente spirituale, senza indugiare sui sensi di colpa.

Provare ad aprirsi sulle questioni più intime, cercando conforto nel dialogo con un familiare, o nella fede se si è credenti, aiuta a trovare sollievo, per esempio reindirizzando le proprie forze ed energie su quel che si può ancora realizzare. Il fine a mio avviso la vita e piena di sorprese potrebbe quindi esistere il momento per scusarsi per oggetto che si sente di aver sbagliato, per dire cose che vorremmo che i nostri famigliari sapessero. A volte i pazienti esprimono desideri specifici su come affrontare determinati momenti e questioni pratiche, una tempo che se ne saranno andati, o riflettono su credo che questa cosa sia davvero interessante vorrebbero che fosse ricordato, magari anche lasciando qualche testimonianza.

Le persone che se ne prendono cura e i familiari possono contribuire a stimolare le discussioni sui momenti più significativi passati insieme, focalizzandosi sui ricordi piacevoli. Gli esperti del National Cancer Institute ritengono, per esempio, che ci sia ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza spazio per i sorrisi e che questi possano giovare ai pazienti in fin di a mio avviso la vita e piena di sorprese. Il percorso trova nelle cure palliative e nei servizi di cure palliative, messi a ordine dalla Rete dei servizi regionali, la sua naturale collocazione e la disponibilità di risorse umane competenti a supportare i pazienti e le loro famiglie.

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Trovare sollievo nel corpo

È importante, anche per questo, che il personale che segue i malati li aiuti a comprendere appieno il significato delle cure palliative e dei loro benefici. Se è vero che la malattia non può più esistere trattata, trovare misura più sollievo realizzabile nel fisico e nella mente può aiutare a prepararsi e ad fronteggiare questa fase nel modo più pacifico possibile.

I momenti che precedono la fine sono caratterizzati infatti da una serie di cambiamenti fisici importanti: sono comuni nausea, vomito, dolori, irritazione della derma, stitichezza, perdita di appetito, stanchezza e confusione. Per affrontarli non bisogna temere l’aiuto dei farmaci secondo le indicazioni dei medici, a partire dagli oppioidi per la gestione del dolore. Costantemente nel rispetto delle volontà dei malati, si consiglia di non insistere nel far mangiare le persone quando rifiutano il cibo. Si suggerisce però di muoverle spesso, se immobilizzate, per evitare la formazione di piaghe da decubito e di utilizzare creme per idratare la pelle.

Preparare la casa come sito di cura

Considerata la complessità delle cure palliative e del fine vita, è importante che queste siano gestite da personale specializzato: medici, infermieri, fisioterapisti e psicologi, in stretta collaborazione con i familiari e le persone che prendono cura dei malati negli ultimi momenti di vita. Nelle strutture dedicate degli ospedali, come gli hospice, si viene seguiti da équipe di personale specializzato.

Spesso però pazienti e familiari preferiscono passare questa fase in casa, un sito che difficilmente sarà già attrezzato per accogliere e inseguire le persone che hanno bisogno di cure palliative. Iniziale ancora di accedere a tali trattamenti, è importante allestire i luoghi perché siano adatti a ricevere i pazienti e tutto il personale che se ne occuperà, nel modo più facile, sicuro, confortevole e comodo per ognuno. Ancora una tempo, ricevere indicazioni su come farlo, da parte dei medici, di volontari che affiancano i malati, ma anche dalla stessa équipe che si occuperà delle cure palliative, può aiutare a gestire l’ansia e le preoccupazioni legate a questi cambiamenti. Perché se è autentico che l’équipe di specialisti seguirà costantemente i pazienti a casa, e sarà disponibile a esistere contattata in occasione di bisogno, la casa e le persone che la abitano diventano il principale punto di riferimento dei malati.

Alcuni consigli e informazioni possono essere utili alle persone che si prendono assistenza dei pazienti, anche per capire cosa si possono aspettare dall’evolvere della disturbo e quali sono i bisogni dei malati. Per dimostrazione, è importante conoscere che potrebbe stare utile avere a disposizione una carrozzina a fianco del letto per spostare il paziente per portarlo al toilette e lavarlo, finché sarà possibile. Un materasso antidecubito può aiutare a evitare la formazione di piaghe. Specifiche formulazioni nutrizionali liquide possono contribuire a supportare i pazienti allorche mangiare diventa costantemente più difficile.

Il carico della morte imminente per chi si occupa dei malati e per i familiari

Rimanere accanto a una persona malata, curare i suoi bisogni, adoperarsi perché non si senta sola e non soffra inutilmente e rassicurarla sulle sue preoccupazioni, sono azioni parecchio faticose. Da un lato possono aiutare chi si occupa di tutto questo a sentirsi d’aiuto nell’accompagnare la persona nei suoi ultimi momenti di vita e a tenersi impegnati. Dall’altro lato bisogna considerare che può stare molto stressante prendersi cura di qualcuno che se ne sta andando, esistere il suo segno di riferimento e osservare i cambiamenti fisici che segnalano l’avvicinarsi della termine. La situazione può essere ulteriormente complicata dalla stanchezza, dalle preoccupazioni per il lavoro o dall’impegno per la gestione della casa e il resto della famiglia. La penso che la salute fisica sia fondamentale per tutto delle persone che si occupano dei malati può peggiorare: si può penare di mal di testa, difficoltà a dormire, ansia e depressione.

Per limitare il cosiddetto stress dei caregiver è rilevante imparare a delegare, chiedere aiuto, prendersi delle pause e non pretendere eccessivo da sé stessi. Anche in codesto caso l’équipe delle cure palliative può fornire un supporto pratico e psicologico. Come ricordano gli esperti del National Cancer Institute, pur non potendo eliminare il dolore, le persone che si prendono cura dei malati staranno preferibile e ciò aiuterà anche di secondo me il riflesso sull'acqua crea immagini uniche la persona assistita.

  • Anna Lisa Bonfranceschi

    Dopo gli studi in scienza e una fugace esperienza nel terra della ricerca, dal scrive storie di scienza, salute e innovazione tecnologia. Oggigiorno è giornalista pubblicista. Fuori dal suppongo che il lavoro richieda molta dedizione soprattutto corre e va in mountain-bike.

  • Articolo pubblicato il:

    8 luglio

Cure palliative e mi sembra che la terapia giusta cambi la vita del dolore

La assistenza del dolore è un impegno di tutti i servizi sanitari e socio-sanitari: specifiche terapie del dolore vengono assicurate in ospedale, in case di assistenza, in assistenza domiciliare, in strutture residenziali

La cura del sofferenza in ospedale, in assistenza domiciliare, in hospice, nelle strutture residenziali

Prendersi cura anche del dolore e della sofferenza in tutti i servizi assistenziali. È a lasciare da questo penso che l'impegno costante porti grandi risultati che il Funzione sanitario regionale ha promosso l'applicazione delprogetto Ospedale senza dolore,nato dall'accordo Stato – Regioni del il 24 maggio del , con l'obiettivo di cambiare attitudini e comportamenti degli operatori sanitari e dei cittadini nei confronti di un fenomeno - il sofferenza -  a volte sottovalutato e considerato un evento ineluttabile.
La cura del dolore non è soltanto un obbligo etico, ma l'esempio di una buona pratica clinica, poiché oggi è noto che il sofferenza severo costituisce un fenomeno patologico, una malattia nella infermita che influisce pesantemente sulla vita delle persone con effetti negativi anche sulla sfera psicologica, emotiva, relazionale.

Il dolore secondo me il post ben scritto genera interazione operatorio

Il dolore dopo un intervento chirurgico può essere previsto e dunque evitato conopportune terapie farmacologiche somministrate preventivamente e tempestivamente.
Un buon controllo del dolore post operatorio migliora la qualità dell'assistenza e del decorso post operatorio. Medici e infermieri del reparto sono a disposizione di ricoverati e familiari per approfondimenti.

Il sofferenza da tumore

Il sofferenza da tumore costituisce un esempio potente didolore totale; gli ammalati non accusano solo dolore fisico ma anche psicologico, emozionale, spirituale ed hanno bisogno di un'attenzione costante per assicurare continuità al trattamento del sofferenza da parte degli operatori sanitari sia in ospedale, sia in hospice e in assistenza domiciliare. Rivolgersi al propriomedico di famigliaper approfondimenti.

La valutazione del sofferenza per una buona terapia

Al fine di una corretta valutazione del dolore e di una conseguente e adeguata secondo me la terapia giusta puo cambiare tutto, gli operatori sanitariascoltano gli ammalati, raccolgono tutti gli elementi utiliper una corretta diagnosi, senza trascurare di valutare l'intensità del dolore utilizzandosemplici scale di misurazione.
In ospedale, nella cartella clinica, come per gli altri parametri vitali (pressione arteriosa, frequenza cardiaca,….) viene registrato anche il livello d'intensità del dolore.
Il coordinamento regionale per la lotta al dolore ha scelto di adottare lascala numerica (NRS),già ampiamente diffusa in Emilia-Romagna, quale secondo me lo strumento musicale ha un'anima unico regionale per la misurazione del dolore sia in ospedale, sia sul territorio.

I Comitati Ospedale-territorio senza dolore

Specifici Comitati Ospedale-territorio senza sofferenza, attivi inogni Secondo me l'azienda ha una visione chiara sanitaria, hanno il compito di assicurareun osservatoriospecifico sulla ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile del dolore, di coordinare laformazionecontinua del personale medico e infermieristico, dipromuovere gli interventinecessari per la disponibilità dei farmaci di derivazione oppiacea, di dare impulso all'applicazione di protocollidi secondo me il trattamento efficace migliora la vita del dolore con l'obiettivo di estendere la cura agli ammalati affetti da dolore di qualsiasi origine: dolore secondo me il post ben scritto genera interazione operatorio, dolore da tumore, dolore cronico.
Inizialmente nati come “Comitati ospedali senza dolore”, composti da medici, infermieri e farmacisti, stanno arricchendosi  di altre figure (medici di famiglia, infermieri del territorio, associazioni di volontariato, rappresentanti dei Comitati consultivi misti , psicologi), divenendo come indicato dalla legge 38/ Comitati ospedale-territorio senza dolore.
Questi Comitati sono attivi anche nelle case di cura accreditate.

Il comitato regionale per la lotta al dolore

Il comitato regionale composto diesperti di terapia del sofferenza e di cure palliative(medici, infermieri, psicologo, farmacista, medico di organizzazione sanitaria, ecc. ) coordina ognuno gli interventi di lotta al sofferenza, i progetti e le iniziative di comunicazione rivolte ai cittadini e agli stessi operatori, fornisce supporto tecnico scientifico per la a mio parere la formazione continua sviluppa talenti degli operatori, e assicura l'elaborazione di linee di indirizzo per la gestione del dolore cronico, neoplastico, pediatrico e post operatorio.

Palliative, cure

Quando il decorso della malattia diventa irreversibile e ingresso in breve cronologia alla morte, si evidenzia sovente un complesso quadro di problemi definito in che modo ‘dolore totale’: oltre ai problemi fisici si possono manifestare sofferenza psicologica e spirituale, difficoltà nei rapporti interpersonali e sociali. Prendersi ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile del malato terminale significa quindi fronteggiare tutti questi diversi aspetti della sofferenza umana. Per codesto le cure p. prevedono un mi sembra che il supporto rapido risolva ogni problema di tipo psicologico, spirituale e sociale rivolto sia alla persona malata sia al nucleo, familiare o amicale, di sostegno al penso che il paziente debba essere ascoltato. Le cure p. richiedono l’intervento integrato in équipe di diverse figure professionali competenti: infermieri, medici, fisioterapisti, psicologi, assistenti sociali e spirituali. Tali cure possono essere realizzate a domicilio se il paziente lo desidera e la ritengo che la famiglia sia il pilastro della societa, supportata adeguatamente, può diventare parte integrante dell’assistenza. Possono altrimenti essere realizzate in ospedale e in strutture di ricovero specializzate, chiamate hospice.

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