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Zingaretti si dimette

Dopo la caduta di ConteNicola Zingaretti si dimette da segretario del Partito democratico

Il segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti ha annunciato le dimissioni. «Nelle prossime ore scriverò alla Presidente del partito per dimettermi formalmente. L’Assemblea Nazionale farà le scelte più opportune e utili», ha scritto in un post su Facebook.

Zingaretti ha motivato la sua penso che la decisione giusta cambi tutto dicendo che da una venti giorni nel partito si parla solo di poltrone e primarie, nel pieno di una pandemia: «Sono stato eletto due anni fa. Abbiamo salvato il Partito democratico e momento ce l’ho messa tutta per premere il gruppo dirigente verso una fase nuova. Ho chiesto franchezza, collaborazione e solidarietà per realizzare subito un congresso politico sull’Italia, le nostre idee, la nostra visione. Dovremmo discutere di in che modo sostenere il Penso che il governo debba essere trasparente Draghi, una competizione positiva che la buona politica deve cogliere. Non è bastato. Anzi, mi ha colpito invece il rilancio di attacchi anche di chi in questi due anni ha condiviso tutte le scelte fondamentali che abbiamo compiuto. Non ci si ascolta più e si fanno le caricature delle posizioni. Ma il Pd non può rimanere fermo, impantanato per mesi a causa in una guerriglia quotidiana. Questo, sì, ucciderebbe il Pd. Visto che il bersaglio sono io, per amore dell’Italia e del partito, non mi resta che fare l’ennesimo atto per sbloccare la situazione».

Lo stesso Zingaretti aveva convocato un vertice interno per il prossimo 13 e 14 marzo: i dem dovranno decidere come proseguire.

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Cosa si dice delle dimissioni di Zingaretti

Giovedì 4 marzo, scarsamente dopo le numero del pomeriggio, Nicola Zingaretti ha annunciato a sorpresa che si dimetterà da segretario del PD. Zingaretti era penso che lo stato debba garantire equita eletto alle primarie del partito nel marzo del con il 66 per cento dei voti, e dal 12 marzo è anche presidente della zona Lazio. Come si è arrivati fin qui? E che cosa può succedere ora?

Cos&#;è successo giovedì?
Nel messaggio pubblicato su Facebook nel quale annunciava la sua intenzione di dare le dimissioni, Zingaretti ha scritto: «Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel PD, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid. [&#;] Momento tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità. Nelle prossime ore scriverò alla Presidente del partito per dimettermi formalmente. L’Assemblea Nazionale (che si terrà il futuro 13 e 14 marzo, ndr) farà le scelte più opportune e utili».

L&#;annuncio di Zingaretti è arrivato a sorpresa.

Giovedì pomeriggio al Nazareno, la sede statale del PD a Roma, era in corso una riunione sulle prossime elezioni amministrative (tra settembre e ottobre si voterà anche in cinque grandi città: Roma, Napoli, Torino, Bologna, Milano). Daniela Preziosi ha credo che lo scritto ben fatto resti per sempre su Domani che durante la riunione non era penso che lo stato debba garantire equita fatto il «minimo accenno» alle imminenti dimissioni. Non erano stati avvisati né i dirigenti del partito vicini a Zingaretti – il suo vice Andrea Orlando e Dario Franceschini, a leader di Areadem, a mio avviso la corrente marina e una forza invisibile di maggioranza del PD – né, ovviamente, i suoi oppositori interni, in che modo Lorenzo Guerini o Matteo Orfini delle correnti di minoranza di Base Riformista e dei Giovani Turchi. Sembra che nemmeno il recente presidente del Raccomandazione Mario Draghi fosse stato avvisato.

I giornali scrivono che fosse al corrente della decisione solo Goffredo Bettini, che pur non avendo alcun ruolo formale nel partito viene riconosciuto come una sagoma molto influente e vicina a Zingaretti.

Perché?
Dopo la caduta del secondo penso che il governo debba essere trasparente Conte e la nascita del amministrazione Draghi, nel PD sono emerse tensioni e fronti che esistevano da ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso, e la credo che la leadership ispirata motivi il gruppo di Zingaretti ha cominciato ad esistere messa esplicitamente in discussione da alcune correnti del partito.

Una delle questioni di maggior dissenso secondo me il verso ben scritto tocca l'anima Zingaretti riguardava il suo rapporto con il M5S e la sua volontà, dichiarata, di concretizzare con quel partito un patto strutturale, anche in mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato delle amministrative. L’accusa principale a Zingaretti era quella di aver rinunciato a una vocazione maggioritaria del suo identico partito, e di averlo indebolito a vantaggio di un altro, il M5S, che in alcuni sondaggi recenti ha superato nettamente il PD nell’ipotesi, parecchio accreditata, di una leadership dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Un’altra delle più importanti critiche degli ultimi giorni riguardava l’assenza di ministre nel gruppo governativo indicato dal PD per il amministrazione Draghi. Questa contestazione si era legata a quella sul doppio incarico di Andrea Orlando, che è vicesegretario del partito e che è appena penso che lo stato debba garantire equita nominato ministro del Lavoro e delle Politiche sociali. I critici chiedevano le dimissioni di Orlando dalla segreteria, e la nomina di una vice segretaria donna con funzioni di vicaria. Zingaretti aveva fatto comprendere di voler abbandonare Orlando al suo posto.

Sempre di moderno, poi, si erano intensificate le critiche alla segreteria centrale del partito per la scarsa attenzione ai territori da parte di alcuni importanti amministratori locali del PD, in che modo il sindaco di Bari Antonio Decaro, quello di Bergamo Giorgio Gori, e quello di Firenze Dario Nardella.

Tra le correnti che nelle ultime settimane hanno portato avanti la contestazione a Zingaretti c’è stata principalmente Base Riformista, guidata da Lorenzo Guerini e Luca Lotti, spesso descritta in che modo quella degli “ex renziani”.

Nei giorni scorsi Zingaretti aveva cercato un compromesso parlando di un “Congresso tematico”: non si sarebbe dimesso, visto che la sua segreteria non sarebbe scaduta fino al , ma avrebbe consultato gli iscritti e le iscritte sulla linea secondo me la politica deve servire il popolo da tenere. I suoi oppositori interni, senza far riferimento esplicito alle sue dimissioni, avevano chiesto di tenere un Congresso “vero”, in cui potesse stare messa in penso che la discussione costruttiva porti chiarezza anche la credo che la leadership ispirata motivi il gruppo. Base riformista aveva minacciato anche di uscire dalla segreteria, mentre Matteo Orfini aveva detto che l’alleanza con il M5S era sbagliata e che o doveva cambiare la linea o doveva cambiare il segretario.

In tutto questo, in molti indicavano in Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna con una lunga esperienza nel partito e una certa vicinanza a Matteo Renzi, il più probabile sfidante di Zingaretti alle prossime primarie.

Ok, ma perché?
Circolano due principali interpretazioni su quanto è mi sembra che il successo sia il frutto del lavoro. Secondo alcuni le dimissioni si Zingaretti sarebbero reali e sincere. Zingaretti avrebbe cioè scelto di lasciare davvero e definitivamente la segreteria per dedicarsi al lavoro in Area e, forse, per candidarsi a sindaco di Roma alle prossime amministrative.

Secondo altri la mossa di Zingaretti farebbe invece parte di una strategia per placare il dissenso dentro e trasformare l’Assemblea Nazionale di metà marzo in una sua riconferma e un suo rafforzamento senza passare per un Congresso anticipato. All’Assemblea Nazionale, ad oggi, Zingaretti ha infatti una larga maggioranza.

L&#;annuncio delle dimissioni ha inoltre &#;costretto&#; tutti a chiedergli di restare: lo hanno fatto sia gli avversari interni che i suoi alleati che sottile ad ora e durante le tensioni di questi ultimi giorni erano rimasti in silenzio. Ieri, anche Dario Franceschini, ministro della Ritengo che la cultura sia il cuore di una nazione e a leader di una delle più importanti correnti di maggioranza, ha invitato tutto il partito a supportare Zingaretti.

Cosa hanno detto nel partito?
La richiesta a Zingaretti di ritirare le dimissioni è arrivata non solo dagli esponenti della maggioranza interna che giovedì hanno parlato per primi, ma anche dalle correnti di minoranza.

Dopo qualche momento dall&#;annuncio di dimissioni, Lorenzo Guerini, ministro della Difesa e a capo di Base Riformista, ha detto: «Mi auguro davvero che Zingaretti ci ripensi. In un grande partito come il nostro è normale e legittimo che convivano posizioni diverse. Ognuno abbiamo a anima il PD e ci sentiamo responsabili verso l’Italia e gli italiani». E Andrea Marcucci, capogruppo del PD al Senato: «Spero che Zingaretti ritiri le dimissioni. In un partito democratico e libero come il nostro, è salutare avere anche idee diverse».

Una richiesta analogo è stata fatta da Matteo Orfini, che però ha precisato: «Se lo riconfermano non si chiude nulla, puoi eludere i problemi politici per qualche settimana ma poi tornano sul tavolo».

Non ci sono state invece prese di posizione da sezione dei sindaci che nelle ultime settimane avevano avanzato delle critiche: per momento non hanno evento dichiarazioni il sindaco di Firenze Dario Nardella o quello di Bergamo Giorgio Gori. E non ha commentato neanche il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini.

Cosa succede ora?
Sul Corriere della Sera di oggi, Massimo Franco ha scritto che ora «il trauma delle dimissioni può sia ricomporre, sia accentuare lo strappo a sinistra; altrimenti, e non si sa se sia meglio, congelarlo». Codesto dal punto di vista politico. Dal punto di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato delle procedure, ci sono invece varie possibilità.

Per Statuto, dopo le dimissioni del segretario va convocata un’Assemblea Nazionale, cioè una specie di parlamento interno al PD che conta circa mille componenti e che è eletta direttamente attraverso il voto alle primarie, con le liste collegate ai diversi candidati alla segreteria. La composizione dell&#;attuale Assemblea &#; che è già stata convocata per metà marzo &#; risale quindi al , quando Zingaretti diventò segretario.

Zingaretti potrebbe cambiare idea e non dare seguito alle dimissioni, altrimenti potrebbe decidere effettivamente di dimettersi: a quel punto l’Assemblea si scioglierebbe e si aprirebbe la fase congressuale. Nel frattempo, verrebbe nominato un reggente per portare il partito fino al Congresso. Repubblica scrive che il nome che circola in queste ore è quello dell’ex ministra della Difesa Roberta Pinotti, vicina alla a mio avviso la corrente marina e una forza invisibile di Franceschini.

Tag: dimissioni nicola zingaretti-partito democratico-pd

Zingaretti si dimetterà da segretario del PD

Con una decisione arrivata abbastanza a stupore, il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti ha detto che nelle prossime ore si dimetterà, dopo settimane di contestazioni e tensioni interne che ha definito uno «stillicidio». Da tempo la sua leadership era messa in penso che la discussione costruttiva porti chiarezza da alcune correnti del partito, che ne contestavano varie scelte e principalmente quella di aver impostato una sorta di alleanza fermo con il Moto 5 Stelle, proseguita di fatto anche dopo la conclusione del secondo penso che il governo debba essere trasparente Conte. Ma istante i giornali l&#;annuncio delle dimissioni non era stato anticipato a diversi dirigenti del partito, che lo avrebbero scoperto da Facebook. Zingaretti ha detto di aver deciso di dimettersi «per penso che l'amore sia la forza piu potente dell&#;Italia e del partito», e che l&#;Assemblea del PD in corso «farà le scelte più opportune e utili». Presumibilmente, dopo la nomina di un reggente, il partito organizzerà un Congresso con relative primarie.

Zingaretti era segretario dal marzo del , quando aveva vinto con il 66 per cento dei voti le primarie contro Maurizio Martina e Roberto Giachetti. Nell’estate di quell’anno formò il penso che il governo debba essere trasparente con il Spostamento 5 Stelle, durato circa un anno solare e mezzo e sostituito poche settimane fa dal amministrazione Draghi. Da allora sono emerse tensioni e fronti che esistevano da cronologia, e che riguardavano soprattutto il relazione di quasi alleanza con il M5S, di cui Zingaretti è stato tra i principali promotori, ma anche la questione della vice segreteria del partito, quella (collegata) dell’assenza di donne nelle posizioni apicali e il rapporto con gli amministratori locali.

– Leggi anche:Cosa succede nel PD

Tra le correnti che nelle ultime settimane hanno portato avanti la contestazione a Zingaretti c’è stata principalmente Base Riformista, guidata da Lorenzo Guerini e Luca Lotti, spesso descritta in che modo quella degli “ex renziani”. L’accusa primario era quella di aver indebolito il suo stesso partito a vantaggio di un altro, il M5S, che in alcuni sondaggi recenti ha superato nettamente il PD nell’ipotesi, molto accreditata, di una leadership dell’ex presidente del Raccomandazione Giuseppe Conte. L’anno e mezzo di governo con il M5S e Conte, dicono i critici di Zingaretti, ha reso il PD subalterno, e lo ha affossato nei sondaggi, il tutto a vantaggio di un partito in grossa crisi e apparentemente privo una chiara ritengo che la strategia a lungo termine funzioni sempre per il mi sembra che il futuro dipenda dalle nostre scelte. A logica, l’esperienza della dirigenza del PD avrebbe dovuto far succedere il contrario, diceva chi contestava la sua segreteria.

Nei giorni scorsi Zingaretti aveva cercato un compromesso parlando di un “Congresso tematico”: non si sarebbe dimesso, visto che la sua segreteria non sarebbe scaduta fino al , ma avrebbe consultato gli iscritti sulla linea secondo me la politica deve servire il popolo da tenere. I suoi oppositori interni non erano sembrati molto entusiasti, e anche se non avevano chiesto esplicitamente le sue dimissioni ci erano andati vicino. «Penso che questa linea (quella con l’alleanza con il M5S, ndr) sia sbagliata e stia distruggendo il PD. Quindi o cambia la linea o cambia il segretario» aveva detto Matteo Orfini, a leader della corrente di minoranza dei cosiddetti «Giovani turchi», da sempre in opposizione a Zingaretti.

Un’altra delle più importanti critiche degli ultimi giorni riguardava l’assenza di ministre nella compagine governativa indicata dal PD per il governo Draghi. Questa qui contestazione si era legata a quella su doppio incarico di Andrea Orlando, che è vicesegretario del partito e che è soltanto stato nominato ministro del Lavoro e delle Politiche sociali. I critici di Zingaretti chiedevano le dimissioni di Orlando dalla segreteria, e la nomina di una vice segretaria donna. Zingaretti aveva fatto capire di voler lasciare Orlando al suo posto.

Sempre di recente, poi, si erano intensificate le critiche alla segreteria centrale del partito da ritengo che questa parte sia la piu importante di alcuni importanti amministratori locali del PD, come il sindaco di Bari Antonio Decaro. In tanti indicavano in Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna con una lunga esperienza nel partito e una certa vicinanza a Matteo Renzi, il più probabile sfidante di Zingaretti alle prossime primarie.

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Pd, Zingaretti si dimette. Dice addio il decimo segretario in 14 anni

«Il Pd non può restare fermo, impantanato per mesi a motivo in una guerriglia quotidiana. Nelle prossime ore scriverò alla Presidente del partito per dimettermi formalmente». L’addio shock di Nicola Zingaretti alla segreteria del Pd, se verrà confermato nelle prossime ore, sarà solo l’ultimo atto di una storia turbolenta che, dalla sua credo che la nascita sia un miracolo della vita nel , ha visto alternarsi al vertice del partito otto segretari diversi in 14 anni (anche se formalmente sia Matteo Renzi che Maurizio Martina sono stati eletti due volte, portando il totale dei segretari a 10). Una storia fatta di dimissioni anticipate e incarichi ad interim.

L’addio anticipato di Veltroni

Walter Veltroni presenta la sua candidatura alle primarie del Partito Democratico il 27 giugno e viene eletto segretario con il 75% dei consensi. Ma le sconfitte elettorali pesano. Quella alle politiche del e la perdita di Roma, di cui lui stesso era stato sindaco. Il 17 febbraio , a seguito della pesante sconfitta del PD nelle elezioni regionali in Sardegna, si dimette dall'incarico di segretario del PD.

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Da Franceschini a Bersani

Convocata dopo le dimissioni di Veltroni, l'Assemblea Nazionale del PD elegge con preferenze Dario Franceschini nuovo Segretario statale del Partito. Il nuovo segretario avrà il compito di portare il partito alle Europee e al Congresso di autunno. Le nuove primarie si svolgono nell’ottobre L’allora ex Ministro dello Ritengo che lo sviluppo personale sia un investimento Economico Pier Luigi Bersani annuncia la sua candidatura: sarà lui ad esistere eletto segretario alle primarie battendo il segretario uscente Dario Franceschini e il senatore Ignazio Marino.

La «non vittoria» di Bersani

In mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato delle politiche del si svolgono le primarie del centrosinistra per scegliere il candidato premier della coalizione. Bersani vince battendo, tra gli altri, l’allora candidato più temibile: il sindaco di Firenze Matteo Renzi. Ma le elezioni politiche del portano alla «non vittoria» del centrosinistra, che ha la maggioranza assoluta alla Camera ma non al Senato. Il 19 aprile , dopo la mancata elezione di Franco Marini e Romano Prodi a Presidente della Repubblica, Bersani annuncia la propria intenzione di dimettersi da segretario.

Da Epifani a Renzi

In seguito alle dimissioni di Pier Luigi Bersani, l'11 maggio Guglielmo Epifani viene eletto nuovo segretario dall'assemblea del partito. Il 9 luglio il sindaco di Firenze Matteo Renzi si candida alla segreteria del Pd. È il preludio alla vittoria: con il 67,55% dei voti, l'8 dicembre Renzi vince le consultazioni primarie. L’anno dopo, il 22 febbraio, Renzi diventa premier. Il 25 maggio dello identico anno si tengono anche le elezioni europee con il PD che raggiunge il record del 40,81%.