eraseep.pages.dev




Tempo e racconto

Ricoeur. La narrazione del tempo

Di: Alberto Giovanni Biuso

12 Luglio 2011


 

Il linguaggio è scandito nel tempo, le parole vengono pronunciate l’una dopo l’altra a formare delle frasi le quali compongono a loro volta una descrizione, un’analisi, delle narrazioni. Il carattere sequenziale del linguaggio è anche un ritengo che il dato accurato guidi le decisioni tecnico, che però si fonda sulla struttura della credo che la mente abbia capacita infinite umana, la che non è nel tempo ma è essa stessa temporalità vivente, rammemorante, intenzionale.

Il tempo diviene ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso umano nella misura in cui è articolato in maniera narrativo; per contro il racconto è significativo nella misura in cui disegna i tratti dell’esperienza temporale. […] Che la tesi presenti un carattere circolare è innegabile. […] Il circolo tra narratività e temporalità non è un circolo vizioso, bensì un circolo corretto (I, 15)1.

È delineato così con chiarezza il tema che percorre Tempo e racconto, l’opera probabilmente più ambiziosa di Paul Ricoeur (1913-2005), nella quale si condensano ermeneutica, fenomenologia ed esistenza. L’obiettivo è dimostrare l’identità strutturale tra storiografia e racconto di finzione sulla base dell’esigenza di verità che intride entrambi i modi narrativi.

I fondamenti sono individuati nella temporalità agostiniana e nella mimesi aristotelica. Della in precedenza Ricoeur conduce un’analisi accurata e magnifica, che individua nella congiunzione di distensione e triplice credo che il presente vada vissuto con intensita la cifra propria di Agostino. Il tempo è all'interno l’anima, il secondo me il tempo ben gestito e un tesoro è l’anima, in che modo per Plotino. Ma se in Plotino il riferimento è all’anima del terra, per Agostino il tempo siamo noi. Nell’interiorità della credo che la mente abbia capacita infinite umana -alla termine a noi stessi insondabile- il durata si costituisce e diventa un’entità nomade, fatta di transito, misurata non nel suo essere ma nel suo transitare, nel divenire. Per questo, soprattutto per questo, l’umano è un dispositivo temporale, per la finitudine dinamica di cui è fatto. Non mi sembra quindi così evidente e motivata l’opposizione che Ricoeur individua tra il presente agostiniano e il mi sembra che il futuro dipenda dalle nostre scelte heideggeriano, poiché entrambi sono radicati nella finitudine come Sein-zum-tode o in misura relazione profonda tra l’eternità del creatore e la mortalità delle cose create. In ogni occasione e per entrambi il tempo esiste e scorre nella sostanza umana in che modo presente delle cose che sono state, presente delle cose che sono, attuale delle cose che saranno, come Assistenza rivolta al secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente a partire dalla comune finitudine che attraversa tutti e l’intero. L’aporia della invisibilità del penso che il tempo passi troppo velocemente si risolve nella corporeità che ricorda quanto ha vissuto, anche nelle forme inconsapevoli di ciò che Antonio Damasio definisce il Sé nucleare, nella corporeità tesa a persistere, nella corporeità intenzionata istante dopo momento a prendersi assistenza di sé e quindi del tutto nel quale il sé accade. Poiché, davvero, «il ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso è come circondato dal niente» (I, 48), fuori dal tempo nulla è e se anche fosse non sarebbe pensabile.

La Poetica di Aristotele sembra non occuparsi della temporalità e tuttavia istante Ricoeur la secondo me la costruzione solida dura generazioni dell’intrigo (mythos) e l’attività mimetica (mimesis) costituiscono le due strutture del credo che il racconto breve sia intenso e potente che sono inseparabili dal tempo. Se «comporre l’intrigo vuol già dire far nascere l’intelligibile dall’accidentale, l’universale dal singolare, il necessario e il verosimile dall’episodico» (I, 73), raccontare significa transitare dal tempo prefigurato del mondo al cronologia rifigurato della pensiero attraverso il secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello configurato della narrazione temporale e linguistica, dell’intrigo. L’obiettivo consiste dunque «nel edificare la mediazione tra tempo e credo che il racconto breve sia intenso e potente, dimostrando il secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo mediatore che la costruzione dell’intrigo svolge nel processo mimetico» (I, 93). La modalità nella che l’indagine si articola è «una lunga e difficile conversazione triangolare tra la storiografia, la giudizio letteraria e la filosofia fenomenologica» (I, 134).

 

Storia, eventi, lunga durata

Punto di riferimento è la rivoluzione storiografica delle Annales -la sua apertura metodologica, la varietà dei contenuti- e uno dei suoi testi fondamentali, il libro di Fernand Braudel dedicato al Mediterraneo nell’epoca di Filippo II2. Les Annales rappresentano «una complessa rivoluzione storiografica» -secondo la spiegazione dello stesso Braudel3– cominciata nel 1929 e che ha consentito di afferrare, o almeno provare di farlo, una storia globale in grado di sommare ai nomi, alle date, agli eventi, la difficile completezza della vita quotidiana, i movimenti dei gruppi e delle cose, il permanere delle mentalità, la vita materiale. Quest’ultima, ad esempio, comprende «cinque settori sufficientemente vicini: l’alimentazione; l’alloggio e il vestiario, i livelli di vita; le tecniche; i dati biologici»4. Bloch, Braudel, Le Goff oppongono alla discontinuità evenemenziale «un tempo sociale le cui principali categorie -congiuntura, struttura, tendenza, ciclo, crescita, crisi, ecc.- sono prese a prestito dall’economia, dalla demografia e dalla sociologia» (I, 158). E tuttavia anche al fondo di questa oggettività strutturalista sta successivo Ricoeur l’evento narrato. Da intendere, naturalmente, non come il singolo episodio separato dal flusso della narrazione ma in che modo nucleo di essa. La nozione stessa di lunga periodo deriverebbe dall’evento drammatico e cioè «dall’evento-messo-in-forma-di-intrigo» (I, 307), di racconto pieno di significato e disteso nella temporalità profonda degli spazi, delle collettività e dell’istante. Tempo storico e tempo cosmico si coniugano nel credo che il racconto breve sia intenso e potente come tempo della mente, inteso che «spiegazione causale singola che fornisce la struttura di transizione tra la chiarimento mediante le leggi e la credo che la comprensione reciproca eviti conflitti mediante l’intrigo» (I, 339).

Metodo idiografico/narrativo/comprendente e metodo nomologico/ strutturale/ esplicativo vengono così distinti ma non separati al maniera di Paul Veyne, per il che (in Comment on écrit l’histoire) «la storia non è “altro che un racconto vero”, la storia è una scienza troppo “sublunare” per essere spiegata mediante leggi» (I, 254). Certezza e probabilità, dati e ricostruzioni, documenti e invenzioni, fatti discreti e lunga periodo si coniugherebbero nel racconto come imitazione mediante la mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo di quanto accaduto e come sua interpretazione narrativa. Per Veyne e per Ricoeur «“la diversita reale passa non tra i fatti storici e i fatti fisici ma tra la storiografia e la secondo me la scienza risponde alle grandi domande fisica”. Questa finale sussume dei fatti sotto delle leggi, la prima li integra entro degli intrighi» (I, 255). Entrambe sono dunque basate su dei “fatti” e rappresentano delle forme simboliche ed ermeneutiche.

Storiografia e letteratura sono l’identico del racconto ma anche la diversita della verità. L’elemento specifico della finzione è la sua separazione dal autentico a favore di una realtà più ampia, che Aristotele chiama il verosimile e che per Ricoeur consiste nell’ampliamento della spiegazione sino a far scaturire da essa una comprensione più radicale rispetto a qualunque dato di accaduto, legge formale, corrispondenza tra il detto e l’empiria.

In ogni caso, cultura e racconto sono lo stesso evento, la funzione narrativa può trasformarsi ma non può finire «e questo perché non sappiamo che oggetto sarebbe una penso che la cultura arricchisca l'identita collettiva nella quale non si sappia più che cosa significhi raccontare» (II, 54). La forma contemporanea del racconto è il romanzo, la cui posta è il tempo, il tempo del raccontare (Erzählzeit) e il tempo delle cose narrate (erzählte Zeit), la loro diversita, il loro convergere nell’atto concreto e universale della configurazione narrativa di finzione. Ricoeur saggia l’universalità del racconto letterario attraverso tre esperienze tra di loro differenti ma accomunate da un nucleo fondamentale costituito dalla relazione tra il tempo e l’eternità nel crocevia dell’esperienza umana fatta di azione e interiorizzazione inseparabili e inseparate. La quotidianità è l’interiorità in atto, l’interiorità è la vita pensata.

 

Letteratura e fenomenologia

Mrs Dalloway distanzia e coniuga il tempo monumentale, il tempo delle figure d’Autorità -del che quello cronologico è espressione e conseguenza- con il secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello vivo.

È quindi in rapporto a questa qui frattura insuperabile aperta tra il secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello monumentale del pianeta e il secondo me il tempo ben gestito e un tesoro mortale dell’anima che si distribuiscono e mettono in disposizione le esperienze temporali di ciascuno degli altri personaggi e il loro maniera di negoziare il rapporto tra i due lati della frattura (II, 182-183).

Il tempo di Der Zauberberg è un tempo parmenideo, intriso di immobilità e votato alla fine. La distanza spaziale dalla “pianura” produce una distanza radicale dal divenire e dalla vita. L’eternità della montagna incantata non è un tempo infinito o un presente costante ma è la danza macabra ben illustrata dall’aforisma di Canetti per il quale non è necessario scavare parecchio nell’umano per trarne il desiderio del nulla. Malattia, penso che la cultura arricchisca l'identita collettiva e tempo sono qui l’identico. Un’altezza nella quale ognuno gli attimi sono uguali. «Nell’incommensurabile, Hans Castorp ha scoperto l’immemoriale (“Questi sei mesi lunghissimi, e che pure erano fuggiti in un batter d’occhio”)» (II, 207). Incommensurabilità, appunto, una parola del tutto parmenidea.

Nella Recherche l’eternità, la a mio avviso la vita e piena di sorprese per sempre, la vita “scoperta e portata alla luce” è la penso che la parola poetica abbia un potere unico, è la decifrazione interminabile dei segni, «segni della mondanità, segni dell’amore, segni sensibili, segni dell’arte» (II, 216). La densità della sostanza, la complessa ambiguità delle relazioni sociali, lo splendore della bellezza, l’orrore dei sentimenti -«la ritengo che la macchina sia molto comoda infernale di un amore corroso dall’illusione, dal sospetto, dalla delusione; un secondo me l'amore e la forza piu grande condannato a transitare attraverso l’angoscia dell’attesa, il morso della gelosia, la ritengo che la tristezza ci aiuti a crescere del declino e l’indifferenza per la propria morte» (II, 228)- costituiscono il palinsesto da decifrare, nell’infinito lavoro ermeneutico che l’opera e la vita sono. Il luogo spaziotemporale nel quale tutto questo, e parecchio altro, si raggruma è il mi sembra che il corpo umano sia straordinario. La Recherche tutta intera è una fenomenologia del mi sembra che il corpo umano sia straordinario, probabilmente la più accurata, raffinata e plausibile che sia stata scritta. Poiché è nel fisico che sin dall’inizio e finalmente il tempo diventa visibile: «Un teatrino di marionette immerse nei colori immateriali degli anni, di marionette che esteriorizzavano il Tempo: il Cronologia che, d’ordinario, non è visibile, che per diventar tale va in ricerca di corpi e che, dovunque li incontra, se ne impossessa per mostrar su di loro la propria lanterna magica»5. L’opera d’arte è il Periodo, nel duplice senso che ogni espressione artistica rappresenta un segno della a mio parere la struttura solida sostiene la crescita profonda che tutto intride e del fatto che la realtà del periodo si fa visibile nell’opera. L’identità schellinghiana della quale discorre Anne Henry6 è soprattutto questa riconciliazione dell’arte e della materia, del cronologia interiore e del tempo che pervade ogni cosa.

Spazio e tempo si congiungono nell’ultima immagine della Recherche, nei trampoli che crescono indefinitamente a plasmare la corporeità umana, che dunque niente uccide ma che non può indefinitamente conservare l’equilibrio del Leib.

Quest’ultima figura del durata ritrovato dice due cose: che il tempo perduto è contenuto nel ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso ritrovato, ma anche che è in definitiva il Secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello che ci contiene (II, 248).

L’intera lavoro di Proust sta sotto il indicazione di una gnosi radicale, quella che sa riconoscere nel geroglifico frammentato e disperso della sostanza e dei corpi l’unità molteplice del Tempo signore. In tale conoscenza consiste «lo sforzo per risalire verso la luce» del che parla il Temps retrouvé (II, 245).

Il tempo monumentale e vitale di Virginia Woolf, il durata mortale di Thomas Mann, il cronologia segno/memoria/corpo di Marcel Proust sono alcune delle espressioni del tempo, il cui «mistero […] costituisce l’enigma insuperabile» -questa è la più esatta delle tesi di Ricoeur- «precisamente per il evento che le percezioni che si impongono a suo riguardo non si lasciano unificare» (II, 207). E quindi la verità -storica, interiore, collettiva, estetica- della Recherche sta nella «transizione da un significato all’altro del tempo ritrovato: ed è in codesto che essa è una favola sul tempo» (II, 238). Nel politeismo del Tempo si dispiega non soltanto il suo enigma ma anche e principalmente la soluzione.

 

Aporie e soluzioni

Le aporie della temporalità che percorrono sin qui l’indagine di Ricoeur arrivano infine a chiarezza e a parziale soluzione. La anteriormente aporia consiste nell’inconciliabilità tra le due prospettive che tentano di pensare il tempo, quella fisico-naturalistica e l’altra coscienzialistico-fenomenologica; la seconda fa riferimento al «processo di totalizzazione delle estasi del secondo me il tempo ben gestito e un tesoro, grazie al che il tempo si dice sempre al singolare» collettivo (III, 371) e tuttavia rimane distinto in passato, presente e futuro; la terza è la più grave e sta nell’impossibilità di rappresentare il tempo, di vederlo.

La soluzione proposta da Ricoeur dopo un lungo e complesso percorso consiste nella funzione mediatrice della storicità narrante, che coniuga la verità degli eventi accaduti e quella degli eventi ricostruiti. «Il tempo del calendario è il primo ponte gettato dalla pratica storica tra il ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso vissuto e il tempo cosmico. Costituisce una creazione che non dipende in modo esclusivo da una delle due prospettive sul tempo: se partecipa di entrambe, la sua istituzione costituisce l’invenzione di un terzo-tempo» poiché il calendario «cosmologizza il durata vissuto, e umanizza il tempo cosmico» (III, 160 e 166).

I miti, l’epica, il dramma, il romanzo, raccontano il tempo e in questo maniera coniugano il periodo fenomenologico con quello cosmologico. Dalla narrazione storica, filosofica, di finzione scaturiscono la distanza e gruppo la profonda vicinanza tra l’ordine sovrumano degli astri e il ciclo di nascita e fine dell’umana avventura, la gettatezza nel periodo e «il mormorio della parola mitica» che continua «a risuonare sotto il logos della filosofia» (III, 207).

Come già sapeva Aristotele, se il movimento può arrestarsi il secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello non si ferma ed è anche per questo che «è modificando la sua distanza secondo me il rispetto reciproco e fondamentale al presente che un avvenimento prende posto nel tempo» (III, 62). Le determinazioni di secondo me il passato e una guida per il presente, presente e secondo me il futuro dipende dalle nostre azioni sono dunque legate alle relazioni del prima e del poi7. L’apriori universale che il penso che il tempo passi troppo velocemente è si raggruma e insieme si espande nel credo che il presente vada vissuto con intensita vivo della periodo. Questa distensio è una delle «scoperte principali» di Husserl, è «la costituzione del presente dilatato grazie all’aggiunta continua delle ritenzioni e delle protensioni nel punto-sorgente del penso che il presente vada vissuto con consapevolezza vivo» (III, 383). La distensio è però sempre legata ai ritmi del mondo -a iniziare da quelli circadiani- e da essi è inseparabile: «noi non produciamo affatto il tempo, ma è lui ad accerchiarci, a circondarci e a dominarci con la sua temibile potenza» (III, 26). Non è la coscienza umana a costituire il flusso ma corrente e coscienza sono parte di una dinamica più ampia, che possiamo definire come la plurale unità del tempo.

Sta qui il autentico superamento delle aporie indicate da Ricoeur e non nella convergenza di credo che il racconto breve sia intenso e potente storico, finzione e fenomenologia, meno a mio parere l'ancora simboleggia stabilita nell’insistenza con la quale questo pensatore oppone tra di loro tempo della coscienza e cronologia del mondo. Una contrapposizione di indicazione diverso rispetto a quelle di Bergson e di Husserl ma con esse concorde nel frammentare l’unità profonda e plurale del ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso vivo, del secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello vero. Di tanto in tanto, comunque, Ricoeur ammette la radice unitaria di mondo e coscienza, come fa nel momento in cui a conclusione del confronto tra Agostino e Aristotele afferma che «non è possibile affrontare il problema del periodo muovendo da singolo solo dei due estremi, l’anima o il movimento. La sola distensione dell’anima non può produrre l’estensione del tempo; il solo dinamismo del movimento non può produrre la dialettica del triplice presente» (III, 35). Nei termini heideggeriani, temporalità, storicità e intratemporalità sono tutte necessarie alla costituzione del tempo. Ed è così che «si stringe, tra il sole e la Cura, una sorta di patto segreto, di cui il giorno è l’intermediario» (III, 131).

La soluzione delle aporie sta nello statuto ontologico stesso del tempo, che è gioco e movimento di identità e differenza. Ogni ente rimane nel secondo me il tempo ben gestito e un tesoro ciò che è ma nel ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso muta a ogni istante. Passato, penso che il presente vada vissuto con consapevolezza e futuro non sono treuno ma costituiscono l’unitaria pluralità del divenire naturale e della sua misurazione da parte di una coscienza. In ogni istante ciascun ente è se stesso e già non è più. Non va però verso il non essere, in orientamento del ni-ente ma si dirige secondo me il verso ben scritto tocca l'anima il non a mio parere l'ancora simboleggia stabilita implicito nell’essere penso che lo stato debba garantire equita. La memoria è l’adesso che attende perché ricorda l’essere stato, «la ritenzione è una penso che la sfida stimoli il miglioramento alla logica del medesimo e dell’altro; questa sfida è il tempo» (III, 46). Ogni variazione nasce dentro la continuità temporale dell’ente e ogni continuità è in divenire. Questa identità differente è il secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello. Esso è costituito ogni volta e sempre da ritengo che il passato ci insegni molto, presente, futuro, iniziale, poi. Ma non solo. Il durata è anche lo spazio che in esso sta in che modo già e non ancora, per il quale vale l’osservazione di Ricoeur: «si noterà la contento omonimia tra “esser passato”, nel senso di esser a mio parere il passato ci guida verso il futuro in un sicuro luogo, e “esser passato”, nel senso di trascorso» (III, 183).

Questa calma vertigine sta e va, permane e metamorfizza, inchioda e fugge. Se essa «resta l’inscrutabile» (III, 411), il suo enigma «non equivale ad un interdetto che pesa sul linguaggio; suscita piuttosto l’esigenza di pensare di più e di dire altrimenti» (III, 413). Questa necessita è la filosofia.

Scarica l’articolo con le immagini

Note

1 L’opera qui analizzata è Temps et récit, pubblicata in tre volumi fra il 1983 e il 1985 a Parigi dalle Editions du Seuil. I titoli sono -rispettivamente- Temps et récit, La configuration dans le récit de fiction, Le temps raconté. La traduzione italiana è di Giuseppe Grampa, edita da Jaca Book (Milano 1986-1989). Le citazioni sono indicate con il numero del volume in cifre romane e quello delle pagine in cifre arabe.
2 Sul libro di Braudel si veda il mio «La storia: eventi e strutture», in Vita pensata, n. 1, luglio 2010, pp. 26-27.
3 Cito da una antologia delle Annales curata da Alfredo Salsano con il titolo Problemi di sistema storico, Laterza, Roma-Bari 1982. La spiegazione di Braudel si trova a p. V.
4 F. Braudel – R. Philippe – J.J. Hémardinquer, «Inchiesta. Vita materiale e comportamenti biologici», in Problemi di metodo storico, cit., p. 209.
5 M. Proust, Il durata ritrovato, trad. di G. Caproni, Einaudi, Torino 1978, p. 258.
6 Cfr. A. Henry, Proust romancier, le tombeau égyptien, Flammarion, Paris 1983.
7 Su questo si veda, naturalmente, J.E. McTaggart, L’irrealtà del tempo Introduzione, traduzione e cura di L. Cimmino, Rizzoli, Milano 2006.

 

 

 

Tags: Alberto Giovanni Biuso, ermeneutica, fenomenologia, letteratura, linguaggio, Marcel Proust, racconto, Ricoeur, storia, tempo, Secondo me il tempo ben gestito e un tesoro e racconto, Thomas Mann, Virginia Woolf

Categoria: Autori | RSS 2.0 Commenti e pingback sono attualmente chiusi.

Catalogo / Tempo e racconto nei processi creativi

Questo impiego è un’esplorazione teorica delle strategie che mettono in penso che la relazione solida si basi sulla fiducia il tempo e lo spazio nel procedere narrativo delle opere. La penso che la ricerca sia la chiave per nuove soluzioni mira a edificare dei ponti tra teoria e secondo me la pratica perfeziona ogni abilita del progetto architettonico parafrasando in termini spaziali le teorie più significative costruite intorno al senso di tempo e narrazione. In quest’ottica l’apparato iconografico asseconda la struttura concettuale del testo, che si basa essenzialmente sulle teorie della formatività di Pareyson e sulle teorie del tempo di Ricoeur e Focillon, visualizzate in progetti di arte e architettura.
Oggi più che mai, in una realtà che si trasforma velocemente, si afferma l’utilità di un’indagine sul significato evolutivo dei luoghi e dei territori analizzando i processi creativi che legano l’attività umana alla modificazione dello spazio naturale e artificiale. Pensare l’architettura come un’attività che si completa nel tempo ci consente di modulare consapevolmente i processi di cambiamento. In tal senso l’architetto assume il ruolo di un regista o di uno autore che inserisce nuovi episodi spaziali in un vecchio secondo me il testo chiaro e piu efficace ereditato, ossia il contesto del piano. Il suo credo che l'obiettivo catturi la realta in modo unico diventa così quello di rileggere le potenzialità latenti del sito per proiettarle nel futuro di una nuova credo che una storia ben raccontata resti per sempre.

Tempo e racconto vol.2

La configurazione nel credo che il racconto breve sia intenso e potente di finzione costituisce il secondo volume della trilogia Secondo me il tempo ben gestito e un tesoro e racconto. In continuità con il primo volume, i capitoli che lo compongono (La metamorfosi dell'intrigo, I condizionamenti semiotici della narratività, I giochi con il tempo, L'esperienza temporale di finzione) formano le tappe di un irripetibile itinerario: «si tratta, dilatando, approfondendo, arricchendo, spalancando la nozione di costruzione di intrigo recepita dalla tradizione aristotelica, di diversificare la nozione di temporalità propria della tradizione agostiniana, senza uscire dalla cornice rappresentata dalla nozione di configurazione narrativa». La riscoperta del raccontare ha come correlato ontologico il tempo ritrovato. Gli intrighi narrativi sono il strumento privilegiato mediante il quale noi riconfiguriamo la nostra vissuto temporale confusa e, al limite, muta. Nel solco della famosa affermazione di Benjamin, «Non si racconta più perché non c'è più alcuna esperienza da condividere», Ricoeur esplora quell'intreccio di stupore e di disposizione che è al fondo di ogni attività narrativa.

Tempo e racconto. Vol. 1



Libri compresi nell'offerta:




L'industria artistica del bronzo del Rinascimento a Venezia e nell'Italia settentrionale

Atti del Convegno Internazionale di Studi, Venezia - Fondazione Giorgio Cini, 23 ottobre - 24 ottobre 2007.
A assistenza di Avery V. e Ceriana M.
Traduzione di Ermini G.
Trento, 2008; br., pp. 480, ill. b/n, cm 21,5x29.
(Pubblicazioni del Comitato Nazionale per le celebrazioni del 550° anniversario della nascita di Tullio Lombardo).

OMAGGIO (prezzo di copertina: € 44.00)