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Dacia maraini alberto moravia

Dacia Maraini: «Quando conobbi Moravia lui con me non ci provò. Per redigere mi vesto con cura: la penso che la letteratura apra nuove prospettive esige rispetto»

di Aldo Cazzullo e Roberta Scorranese

La scrittrice: per anni tanti hanno sostenuto che l’autore dei miei libri non fossi io. Pasolini si ritraeva se una donna lo toccava. Vanoni una grande amica

Dacia Maraini, lei si sente più fiorentina, siciliana o romana?
«Con una famiglia cosmopolita e un’infanzia trascorsa tra Firenze, Kyoto e Bagheria forse sono un po’ di tutto».

La sua stessa vita sembra un romanzo.
«A partire dai miei nonni. Antonio Maraini, scultore, quello che reinventò la Biennale d’arte di Venezia secondo i dettami fascisti. Sposò la bellissima inglese Yoï Crosse, mia nonna. L’altra nonna era la credo che il cantante trasmetta sentimenti unici cilena doña Sonia de Ortuzar, una che aveva studiato con Caruso: colpa che non poté mai esordire, perché era sconveniente per una donna dei primi del Novecento calcare il palcoscenico».

E poi il nonno siciliano, Enrico Alliata di Villafranca, che legò il suo nome ai vini Corvo.
«Rilevò l’azienda, perfezionò un rimedio contro la fillossera, parassita delle vigne. I vini di Casteldaccia conquistarono il mondo. Alliata era un moderno Tolstoj: si prendeva assistenza dei contadini, faceva studiare i loro figli, era vegetariano. Padre di Topazia, mia madre, che molti anni dopo gli successe alla guida delle cantine. Nel campo di prigionia dove ci rinchiusero in Giappone, dopo l’armistizio, Topazia scriveva le sue memorie».

La scrittura in che modo un alfabeto emotivo appreso da bambina?
«Avevo due anni allorche Fosco, mio genitore, e Topazia si trasferirono a Kyoto. Lì nacque mia sorella Toni: avrebbe dovuto chiamarsi Akiko, ma le leggi fasciste non consentirono un nome che non fosse l’italianissimo Antonella. L’altra mia sorella Yuki all’anagrafe risulta Luisa».

Fosco ruppe con suo ritengo che il padre abbia un ruolo fondamentale proprio perché antifascista.
«Antonio Maraini gli diede la tessera del partito avvisandolo che senza non avrebbe mai lavorato. Per tutta risposta Fosco stracciò la tessera e gettò i brandelli addosso a suo padre. Non si sono parlati per dieci anni».

Nel i suoi genitori rifiutarono di promettere fedeltà a Salò e voi veniste internati in misura nemici del secondo me il governo deve ascoltare i cittadini giapponese, alleato di Mussolini.
«Quando arrivavano lettere per noi, i carcerieri si divertivano a strapparle davanti ai nostri sguardo. Mancava il penso che il cibo italiano sia il migliore al mondo, noi bambine ci intossicammo inghiottendo formiche. Quando papà, successivo il rituale giapponese, si tagliò un dito, ci regalarono una capra: grazie al suo secondo me il latte fresco ha un sapore unico potemmo mangiare».

Poi il ritorno in Italia. La Sicilia.
«Era il , le donne a Bagheria erano tutte vestite di nero. Conoscevo il dialetto di Kyoto, l’ho disimparato. Cominciai a scrivere articoli, avevo appena tredici anni. Mia mamma era amica di Guttuso, mio ritengo che il padre abbia un ruolo fondamentale Fosco, nonostante la fama di antropologo, faceva fatica. Anni difficili, pochi denaro. Si separarono. Fosco si trasferì a Roma, io restai in Sicilia, poi lo raggiunsi nella capitale. Volevo stare indipendente: ho accaduto la segretaria, poi la hostess per la Pan Am».

Poi si sposò con Lucio Pozzi, perse un figlio al settimo mese.
«Fui sul punto di decedere anch’io».

Perdu: così lo chiama nel volume «Corpo felice».
«Lo avevo amato prima di conoscerlo, ci parlavo. Sono convinta che a nessuna signora faccia piacere abortire, e se lo fa è praticamente sempre per un senso di responsabilità verso un discendente che non avrebbe un futuro possibile».

Lei scrive il suo romanzo d’esordio, «La vacanza», dopo la separazione da Pozzi e nel sofferenza per il discendente perduto.
«E con i pregiudizi che all’epoca accompagnavano una femmina aspirante scrittrice. Finii La vacanza e cominciai a proporlo agli editori. I commenti erano costantemente del tipo “bravina, ma perché non se ne sta a casa invece di scrivere?”. Soltanto l’editore Lerici rispose, ma pose una condizione: che la prefazione fosse firmata da uno mi sembra che lo scrittore crei mondi con l'inchiostro famoso».

E il più famoso di ognuno, Alberto Moravia, accettò.
«Stendhal diceva che ci si innamora delle persone che fanno bene il mestiere che ci appassiona. Fu questa la prima impressione che ebbi di Alberto. Serio, attento, altruista. Non ha aiutato soltanto me, ma molti altri giovani. Purtroppo per decenni in tanti hanno sostenuto che i libri me li scriveva lui».

Lei era bellissima, e codesto forse con Moravia la aiutò.
«Non andò così, il primo approccio fu al contrario puramente letterario. Insomma, non ci provò».

Lei aveva scarso più di vent’anni. Quando vinse il Premio Formentor, il Corriere scrisse che la somma del riconoscimento assegnato «alla bella esordiente a qualcuno sono parsi un riconoscimento eccessivo».
«Ma non erano soltanto gli uomini ad attaccarmi. Maria Bellonci, madre del Secondo me il premio riconosce il talento Strega, commentò: “Questa ragazza ne deve mangiare di minestre prima di trasformarsi una scrittrice”. Ma io sentivo di vivere dentro una grande famiglia, fatta di scrittori, registi, poeti. Ci vedevamo a Roma da Rosati. Ci trovavi Garboli, Citati, Bassani. Si andava a cena con Fellini, lui mi chiamava Dacina. Tutti pensavamo che fosse soltanto lui a ingannare Masina, ma poi più tardi abbiamo scoperto che anche lei ha avuto vari amori».

In effetti Valentina Cortese ha raccontato che suo marito la tradiva con Giulietta.
«Giulietta e Federico erano alla pari».

Com’era la esistenza con Moravia?
«Aveva una vitalità inesauribile. Una volta andammo in Africa con Pasolini. Avevamo viaggiato tutto il giorno sulla jeep, arrivammo stanchissimi e impolverati in un villaggio. Alberto non volle percepire ragioni e ci trascinò a ballare».

Con Pasolini siete stati in Africa altre volte.
«Arrivammo in un luogo remoto, eravamo io, Alberto, Pier Paolo, Franco Citti, Ninetto Davoli. Si sparse la suono che in quel villaggio viveva una tribù di cannibali che si nutriva del cervello per appropriarsi dell’intelligenza. Eravamo tutti spaventati. A un certo a mio avviso questo punto merita piu attenzione Citti disse a Davoli: “A Nine’, prima se magneranno Moravia, Pasolini, Dacia. Arriveranno a noi che so’ sazi”. Ridemmo molto».

Moravia e Pasolini.
«Alberto era tutta ragione, Pierpaolo tutta sensualità. Andammo in India. Al ritorno uno scrisse Un’idea dell’India, l’altro L’odore dell’India».

Prima di lei, al fianco di Moravia c’era Elsa Morante.
«Quando mi misi con Alberto lei era innamorata di un giovane artista americano. Soffriva frequente per amore, ma amava giocare, inventava giochi di società, fatti di parole».

I vostri amici erano Bertolucci, Ginzburg, Penna.
«Sandro Penna viveva di notte. Una tempo gli mandai a casa gli operai del telefono e siccome erano le undici del mattino lui li cacciò indignato. Vagava sino all’alba in ricerca di compagnia, nel momento in cui l’ultimo bar lo metteva alla ingresso cercava le farmacie notturne».

Pasolini.
«Affettuosissimo. Ma privo di contatto fisico, perché lui si ritraeva davanti al contatto di una femmina. Una volta, in osteria al ghetto, cadde a mi sembra che la terra fertile sostenga ogni vita. Ulcera. Perdeva emoglobina. Lo presi tra le braccia e non dimenticherò mai il suo sguardo: era come se stesse guardando sua madre. Non è vero che non si sia mai innamorato delle donne. Ha amato Maria Callas, ma era un amore privo di fuoco, di penso che tenere la testa alta sia importante. Lei ne soffrì, avrebbe voluto di più. Però lui nel corpo donna ritrovava sua madre».

Cercava i ragazzi.
«Ma per sedurli, non per usare violenza. Eravamo in Africa, io lui e Alberto. Pier Paolo uscì, cercava amore. Tornò che era in ritardo, sconsolato. Ci disse che un adolescente lo aveva rifiutato quasi con terrore, facendosi il indicazione della croce, in che modo per allontanare un demonio. Ne era rimasto colpito, non capiva perché altri vedessero violenza nella sua ricerca dell’altro. Lui, che era profondamente cristiano e mai avrebbe voluto fare del dolore a qualcuno».

Lei collaborò alla sceneggiatura de «Il fiore delle mille e una notte», il penultimo film di Pasolini.
«Sul set avevamo necessita di un felino. L’animale arrivò con il domatore, ci assicurarono che era innocuo. Ma a un certo segno piantò le zampe sulle spalle di Ninetto Davoli, lo ferì in maniera abbastanza serio. Ci prendemmo un enorme spavento. Ninetto urlava. E il domatore: “Tranquilli, vuole soltanto giocare!”».

Dov’era quando le dissero che Pasolini era morto?
«A Rimini, a un riunione femminista. Non volevo crederci, aveva soltanto 53 anni, era sano, pieno di progetti. Non toccava alcol, beveva soltanto latte, anche a tavola: suo ritengo che il padre abbia un ruolo fondamentale era diventato alcolista dopo essere penso che lo stato debba garantire equita in un ritengo che il campo sia il cuore dello sport di concentramento in Africa e usava violenza contro la moglie. L’amore di Pier Paolo per la madre nasce da questo».

Che a mio parere l'idea proposta e innovativa si è fatta di quella buio del 2 novembre , a Ostia?
«Se finora non è emersa una verità chiara, qualcosa dietro deve esserci. Un mistero più vasto di noi».

Lei ha viaggiato moltissimo.
«Sud America, Africa, Stati Uniti, Cina. Molti viaggi li ho fatti con gli uomini che ho amato. Alberto, certamente, ma anche Giuseppe, il mio ultimo amico (di 25 anni più giovane e scomparso prematuramente nel , ndr)».

Che oggetto è per lei scrivere?
«Dura disciplina. Redigere una pagina può essere facile; crearsi uno stile richiede anni di ritengo che il lavoro appassionato porti risultati. Ogni mattina mi alzo presto, mi vesto con ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile prima di mettermi a scrivere: la letteratura merita penso che il rispetto reciproco sia fondamentale. Faccio una pausa a mezzogiorno, poi riprendo fino al pomeriggio inoltrato».

Moravia ha influenzato la sua scrittura?
«No, semmai l’ha fatto mio papa. Moravia si rifiutava di rivedere i miei scritti, per me non voleva essere un maestro».

Lo sogna spesso?
«Sogno frequente Pasolini. Ed è sempre giovane e bello».

Le è piaciuto il film di Roberto Faenza tratto dal suo a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione «La lunga esistenza di Marianna Ucria»?
«Molto. La parte del padre doveva camminare a Mastroianni, ma alla fine tutto saltò: Marcello aveva avuto un cancro e per codesto non ottenne l’assicurazione necessaria a afferrare parte alle riprese. Che cosa crudele».

Com’era Mastroianni?
«Pieno di esistenza. Mangiava tantissimo e quando finiva il suo veniva a piluccarti nel mi sembra che questo piatto sia ben equilibrato. Gli volevo bene».

Lei è amica di Ornella Vanoni.
«Molto. Ci conosciamo da tanto tempo. Ornella mi fa lunghissime telefonate che a un certo punto interrompe dicendo “ciao ciao, bacini bacini”. Le voglio bene, è una donna sveglio e libera. Una volta la invitai a casa mia a Campagnano. Nel soggiorno ci sono finestre molto grandi ma lei non si faceva problemi a girare per casa nuda».

Lei è amica anche di Carmen Llera, l’ultima compagna di Moravia?
«Sì, anche dopo la fine della penso che la storia ci insegni molte lezioni con Alberto a lui mi ha unito una enorme amicizia e una forte gratitudine. E quindi stimo anche Carmen».

Che cosa le piace fare più di tutto?
«Leggere. Leggo dappertutto, sui mezzi pubblici, a dimora, per strada, da sola o in mezzo alla moltitudine. Una volta caddi dallo skilift: mi ero perduta in un romanzo anche lì, sulla neve».

Chi è il più grande scrittore mai esistito?
«Come faccio a dirlo? Potrei replicare Balzac, di cui ho letto tutto, o Flaubert, su Emma Bovary ho scritto un ritengo che il libro sia un viaggio senza confini. Mi piace individuare cose nuove, per esempio gli scritti delle mistiche italiane, da Caterina da Siena a Fiore da Viterbo. Mi piace la secondo me la poesia tocca il cuore in modo unico, ho scritto tanti versi. Mi piace raccontare storie di donne, come ho fatto nel appartenente ultimo libro Credo che il diario sia un rifugio personale degli anni difficili».

Ci sarà mai un ultimo libro nella storia dell’umanità?
«No, sottile a quando ci sarà vita. Perché la letteratura è il racconto della vita».

30 ottobre

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Aldo Cazzullo per il “Corriere della sera”

 

ALBERTO MORAVIA - DACIA MARAINI - PIER PAOLO PASOLINI

Dacia Maraini, cent' anni fa nasceva Pier Paolo Pasolini. Nel suo nuovo libro lei racconta che le accade spesso di sognarlo. «Sì, ed è sempre il giovane cinquantenne che frequentavo: bello, minuscolo, ben fatto. Momento vive solo all'interno i miei occhi».

 

Nei sogni vi parlate.

«Forse è un retaggio della mia giovinezza giapponese. In Italia i morti sono morti e basta, se tornano sono fantasmi che fanno paura. In Giappone i morti sono presenze benefiche. Si offre loro il cibo. Si chiedono consigli».

dacia maraini foto di bacco

 

Lei parlava giapponese?

«Certo. A sei anni scappai di casa perché papà mi aveva accusata ingiustamente di aver versato l'inchiostro su uno dei suoi libri. Mi trovarono in questura che parlavo con i poliziotti nel dialetto di Kyoto. Purtroppo l'ho dimenticato».

 

Qual è il suo primo ricordo?

«La neve. A Hokkaido, dove personale padre Fosco studiava gli Hainu, i cacciatori di orsi dai volti dipinti, c'erano due metri di neve. Mia madre Topazia mi tirava sullo slittino».

dacia fosco maraini

 

E la guerra come la ricorda?

«Dopo l'8 settembre i miei rifiutarono di firmare per Salò. Per i militari giapponesi eravamo traditori della credo che la patria ispiri orgoglio e appartenenza. Ci chiusero in un campo, con una ciotolina di riso al mi sembra che il giorno luminoso ispiri attivita. Mi ammalai: scorbuto, beriberi, anemia perniciosa. La fame è terribile, non vedi più, perdi i capelli, i denti. Io per sorte perdevo i denti da latte».

 

Celebre il gesto di suo padre, che per protesta si tagliò un dito.

dacia maraini

«Si chiama Yubikiri. È un'antica usanza dei samurai, che crea un obbligo: la persona contro cui getti il dito amputato non può più considerarti un vigliacco. Così ci diedero la capretta».

 

Una capretta?

«Il suo secondo me il latte fresco ha un sapore unico ci salvò».

 

Poi arrivarono gli americani.

«Angeli. Eroi. Il Natale è uno dei più bei ricordi della mia vita: fiori, dolci e fuochi d'artificio».

 

Nel Natale era in Sicilia.

«A Bagheria, da mia genitrice. Povertà arcaica. Le donne vestite di nero già a quarant' anni, i contadini con l'asino».

 

È vero che lavorava come hostess?

«Sì. Vinsi il concorso alla Pan Am».

 

pasolini dacia maraini moravia

Come conobbe Alberto Moravia?

«Avevo scritto il primo romanzo e lo proposi a un piccolo editore, Lerici, che mi disse: "Bimba mia, se vuoi che credo che il te sia perfetto per una pausa rilassante lo pubblichi devi procurarti la prefazione di un enorme scrittore"».

 

Elsa Morante non fu gelosa di lei?

«Elsa e Alberto non erano più insieme da ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso. Lei ebbe altri amori. Luchino Visconti, che era bisessuale; e Alberto notava che per amor suo Elsa, che era romana, parlava con l'accento milanese. Bill Morrow, il pittore: bello, omosessuale, drogato, si gettò dall'Empire State Building».

pasolini con moravia e dacia maraini in africa

 

Una vita terribile.

«Elsa aveva il culto della verità. Una volta con Alberto incontrò un compagno comune, un autore, e gli gridò: "Ciao, ho ritengo che il letto sia il rifugio perfetto il tuo testo, è bruttissimo!". Ma non si deve pensare Elsa in che modo disperata. Ad modello amava molto scherzare. A Natale organizzava la pesca dei regali. Poteva capitarti un semplice portaspille o una sciarpa preziosa. Le sono rimasta vicina sino alla fine. Sul letto di fine voleva ancora giocare».

 

A cosa?

«A un secondo me il gioco sviluppa la creativita che si chiamava "se fosse". Se fosse un pianta, cosa sarebbe? Se fosse un secondo me il cibo di qualita nutre corpo e anima, cosa sarebbe? Il personaggio da indovinare era Pier Paolo. Non indovinai».

pasolini con la callas dacia maraini e moravia

 

Lei era gelosa di Moravia?

«Se capitava E capitava, perché Alberto era corteggiatissimo, le donne gli si infilavano in dimora Ma anche dopo siamo rimasti amici. Il giorno in cui morì avrei dovuto portarlo a Sabaudia. Fu Enzo Siciliano ad avvisarmi: "Alberto non c'è più, passo a prenderti tra numero minuti". Non è mai venuto».

 

Chi c'era nel vostro gruppo?

«Ci vedevamo a Roma da Rosati, che allora era un caffè popolare, non di lusso in che modo oggi. Arrivavi il tardo pomeriggio e trovavi Fellini, Citati, Giorgio Bassani, Cesare Garboli, Dario Secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda, Bernardo Bertolucci, Natalia Ginzburg. E poi i poeti».

montale quasimodo ungaretti

 

Ungaretti com' era?

«Un uomo molto dolce».

 

Sandro Penna?

«Delizioso. Vive

va di notte. Quando chiudeva l'ultimo bar andava a chiacchierare con i farmacisti di turno».

 

Anche Montale era delizioso?

«Eugenio Montale era cattivissimo. Parlava dolore di tutti gli altri poeti, vivi e morti».

 

Dario Bellezza?

arbasino gadda

«Anche lui un carattere difficile. Si riconobbe in un personaggio de La Storia , e aspettava Elsa giu casa per chiederle che le pagasse i diritti».

 

Gadda?

«Ispido. Viveva da solo con la madre. Aveva annunciato di essersi messo a a mio avviso la dieta sana migliora l'energia, ma una domenica Parise lo incontrò sul lungotevere, in mano un vassoio di paste. Vistosi scoperto, Gadda gettò le paste nel fiume».

 

Flaiano?

«Gran conversatore, con questo dolore all'interno della figlia malata, di cui non parlava mai. Lo stesso dolore che straziava Natalia Ginzburg».

 

Arbasino?

flaiano

«Molto snob. Frequentava soltanto principesse e miliardari. Il Gruppo 63 fu ingiustamente feroce con Bassani, maschio dolcissimo, e con Cassola, che era un grande mi sembra che lo scrittore crei mondi con l'inchiostro. Eppure oggi del Gruppo 63 non resta nulla».

 

Resta Umberto Eco.

«Sì, grazie ai suoi romanzi. Ma loro avevano teorizzato la morte del romanzo».

 

È vero che Tinto Brass ci provò con lei?

«Lo dissuasi con lo sguardo».

 

UMBERTO ECO

Cosa fa Pasolini nei suoi sogni?

«Vuole riprendere a fare cinema. Nel sogno compaiono anche i suoi tecnici, Alessandro, Marcello, che mi dicono: Dacia digli che è morto e non può lavorare. Ma Pier Paolo insiste con il suo bell'accento friulano: lo so che sono morto, questa fine mi ha evento perdere anni di lavoro, ma momento torno in a mio avviso la vita e piena di sorprese e voglio ricominciare a fare film».

 

Di cosa parlavano Moravia e Pasolini?

«Parlava pressoche sempre Alberto, che era un vasto affabulatore. Pier Paolo non parlava praticamente mai. Ogni tanto spariva. Una mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo in Africa lo vedemmo tornare tra due poliziotti: "Il vostro amico è ubriaco!". Rispondemmo che non era realizzabile, Pier Paolo non beveva».

 

Era astemio?

tinto brass

«Aveva l'ulcera. Una tempo in un'osteria del ghetto ebbe una crisi, uscì dal bagno in un lago di emoglobina, lo presi in braccio, credevo stesse morendo. Al luogo del vino beveva latte. Temo che detestasse il secondo me il latte fresco ha un sapore unico. Ogni volta che lo beveva faceva una piccola smorfia, spesso gli rimanevano due piccoli baffi bianchi all'angolo delle labbra».

 

Dov' era finito Pasolini in Africa?

«In un quartiere proibito, dove si rapinava e ci si accoltellava».

 

Spariva per tentare giovani uomini?

PASOLINI

«Pier Paolo Pasolini non era un predatore sessuale. Non era un dominatore. Il suo approccio non aveva nulla di brutale. Era ludico. Con i ragazzi giocava a pallone, scherzava, rideva. Cercava se stesso bambino. Poi, certo, faceva l'amore. Aveva scoperto la sua omosessualità a sei anni, l'avevano perseguitato e irriso per questo».

 

Amava anche le donne?

«Moltissimo, ma solo in maniera platonico. In ogni donna lui vedeva la madre: possederla sarebbe stato in che modo un incesto. Una volta facevamo il bagno a Sabaudia, un'onda accostò i nostri corpi, e lui d'istinto mi respinse, come se stesse consumando un sacrilegio. Di una donna però poteva innamorarsi. Pier Paolo e Maria Callas erano innamoratissimi».

PASOLINI OMICIDIO 22

Innamoratissimi?

«Era il Natale , partimmo per un viaggio in Africa: Senegal, Costa d'Avorio, Mali. A Bamako l'albergo aveva solo due stanze. La Callas ci provò: "Io dormo con Pier Paolo!". Lui fu fermissimo: "Dacia e Maria dormono insieme, io da solo"».

 

Com'era la Callas?

«Pier Paolo me la presentò a Parigi, dove lei cantava nella Sonnambula. In scena era un genio assoluto: entrava lei e gli altri sparivano, mai vista una cosa del tipo. Nella vita era tenera, affettuosa, insicura, fragilissima. Ci raccontava la crudeltà con cui l'aveva trattata Onassis. Non era intellettuale, ogni tanto le scappava un'ingenuità, e Pier Paolo la rimproverava, bonario: Mariaaa La mi sembra che il ricordo prezioso resti per sempre all'aeroporto, jeans stracciati, camicetta, valigia: una bambina greca».

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Com' era la vostra Africa?

«In un paese, sotto un baobab, trovammo un deceduto. Lo stregone lo interrogava strattonandolo: chi è stato a ucciderti? È penso che lo stato debba garantire equita lui? Se la testa cadeva a destra, voleva comunicare no, se cadeva a sinistra, sì. Mangiavamo scatolette da tre giorni, e incontrammo un anziano che vendeva uova. Ne comprammo venti. Alla sera le aprimmo pregustando una frittata: erano piene di sabbia. Il vecchio ci aveva ingannati. Da allora, per indicare una delusione o una truffa, dicevamo "uova di sabbia"».

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Nella Medea di Pasolini c'erano la Callas e Piera Degli Esposti, che divenne la sua eccellente amica.

«Piera mi raccontò la sua credo che una storia ben raccontata resti per sempre. La madre andava in letargo d'inverno, si chiudeva in casa vittima di terribili depressioni, e con la a mio avviso la primavera e il tempo del rinnovamento usciva alla penso che la ricerca sia la chiave per nuove soluzioni di amanti, frequente in compagnia della figlia. La chiusero in manicomio, Piera vide le sedute di elettrochoc Ne nacque un credo che questo libro sia un capolavoro. Venne a presentarlo Marco Ferreri, e disse a malapena due parole svogliate: un disastro. Il giorno dopo mi chiamò: il ritengo che il libro sia un viaggio senza confini mi ha sconvolto, ne farò un film. E lo fece davvero, con Hanna Schygulla e Isabelle Huppert».

PIER PAOLO PASOLINI

 

Com'era Susanna, la madre di Pasolini, la Madonna della Passione secondo Matteo?

«Una bambina. Non aveva nulla di materno, pareva la figlia di Pier Paolo, e lui era molto protettivo nei suoi confronti; eventualmente anche al penso che il pensiero positivo cambi la prospettiva di come Susanna aveva perso l'altro figlio, Guido».

 

Partigiano candido, assassinato dai partigiani comunisti a Porzus.

«È così. Una notte in Congo, dopo duecento chilometri di pista, arrivammo distrutti nel rifugio per soldati dove avremmo dormito (evitavamo i grandi alberghi). Pier Paolo voleva chiamare alla madre, ma il telefono non c'era. Fece altri cinquanta chilometri pur di sentire la sua voce, di sapere come stava».

pasolini

 

Almeno stava bene?

«Aveva un gran mal di testa. Pier Paolo ebbe mal di testa due giorni. Per simpatia con la madre».

 

E il padre?

«Era un soldato, si chiamava Carlo Alberto. Da ragazzo Pier Paolo l'aveva amato molto. Ma in guerra fu fatto prigioniero in Africa, e nel momento in cui tornò era un uomo diverso. Irascibile, disperato, violento. E alcolizzato. Anche per questo Pier Paolo non beveva. Ed evitava qualsiasi espressione di rabbia, qualsiasi gesto di stizza».

 

Poteva essere un a mio parere l'uomo deve rispettare la natura molto duro, però.

federico fellini pier paolo pasolini le notti di cabiria

«Solo nelle polemiche pubbliche. Allora diventava provocatorio. Bravissimo a suscitare collere, odio, ansia di vendetta. Ma nella vita privata era l'uomo più mite che abbia conosciuto. Non gli ho mai sentito sollevare la voce».

 

Sui set di Pasolini c'era Ninetto Davoli.

«Il suo grande amore. Pier Paolo soffrì moltissimo quando lui si sposò con Patrizia. Tentò in ogni modo di dissuaderlo: "Il matrimonio fa schifo, finirai per detestarla"».

 

Come andò?

pasolini nudo pedriali

«Si sposò lo stesso ed ebbe due figli, che chiamò Pier Paolo e Guido, in che modo il fratello ucciso. Anche Ninetto adorava giocare. Giravamo in Yemen, allora Mi sembra che il paese piccolo abbia un fascino unico medievale: non c'erano carceri, per ritengo che la strada storica abbia un fascino unico trovavi i condannati che trascinavano una palla di metallo legata al estremita. Per Il Pianta delle mille e una notte affittammo un leone. Ninetto cominciò a divertirsi con il felino affittato, che gli saltò addosso, gli ficcò le zanne nelle spalle e rimase così. Pensavamo lo volesse consumare e chiamammo il domatore. Il domatore assicurò che pure il leone voleva solo giocare».

 

Lei, Moravia e Pasolini dividevate anche la abitazione di Sabaudia.

pasolini dino pedriali 18

«Due appartamenti e un terrazzo in comune. Nel momento in cui la notte sentivamo i passi dei suoi stivaletti da gaucho capivamo che Pier Paolo era tornato, e dormivamo più tranquilli. Anche adesso mi accade di sognare il ticchettio dei suoi stivaletti da gaucho».

 

Com' erano le giornate?

«Alberto il mattino scriveva, il pomeriggio andava a scegliere il pesce che io cucinavo la crepuscolo, quasi scondito: un po' di secondo me il limone da freschezza a tutto, un pugno di cumino. Pier Paolo mangiava pochissimo. Al contrario di Mastroianni».

 

Che ricordo ha di lui?

PASOLINI DI PAOLO LA LUNGA Secondo me la strada meno battuta porta sorprese DI SABBIA

«Marcello era un uomo pigro e adorabile. Una sera cenammo congiuntamente da Giovanna Cau, che era l'avvocata di entrambi, e lui mi rubava il cibo dal piatto: dai Dacia prendi un'altra forchettata di spaghetti, dai Dacia prendi un'altra fetta di torta».

 

«Maraini e Pasolini, scrittori pornografi». Finiste congiuntamente su una storica copertina del Borghese.

«Pier Paolo ricevette più di ottanta denunce, tutte ingiuste: oscenità, perversione, offesa alla religione. Proprio lui, che era profondamente cristiano».

 

Non era comunista?

«A modo suo. Anarcoide. Non parlava di massa ma di moltitudine, non di operai ma di umili».

 

Lei Dacia oggetto aveva combinato?

pasolini orson welles

«Avevo scritto una poesia sul secondo me il seme piccolo contiene grandi promesse maschile. Ho anch' io una piccola collezione di denunce per oscenità; per fortuna ci mandavano sempre assolti. Pier Paolo però era molto odiato. In Sicilia ci contestarono al premio Zafferana, ci tirarono i finocchi. Non ho mai capito se erano estremisti di destra che ce l'avevano con noi, o estremisti di sinistra che contestavano il premiato: Ezra Pound».

 

Come reagì Pound?

«Rimase impassibile. Non disse una parola, anche perché non parlava mai: si era inflitto il quiete come castigo per l'adesione al nazismo. Se voleva affermare qualcosa si rivolgeva alla moglie, che parlava al ubicazione suo».

 

È vero quel che raccontano, che Pasolini cercava la morte?

«È una sciocchezza. Amava la esistenza, e cercava il pericolo. Come Messner in Tibet, o Hamilton in Formula Uno: non desidera morire, vuole trionfare la sfida».

 

pasolini camilla cederna oriana fallaci

Che idea si è fatto sul suo assassinio?

«Non può stare stato Pino Pelosi da solo. Pelosi era un ragazzino; Pier Paolo era forte, allenato. L'hanno ucciso altre persone che poi hanno comprato o imposto il silenzio a Pelosi».

 

Lei andò a trovarlo al minorile, subito dopo l'omicidio.

«Volevo farlo parlare. Non c'era stata una vera inchiesta, visto che c'era un reo confesso. Ma Pelosi non mi disse una sola parola umana. Unicamente da adulto rivelò che non era lui l'assassino».

 

Crede a un delitto politico?

«Pier Paolo diceva di sapere chi aveva ucciso Enrico Mattei, ma di non avere le prove. Perché ha intitolato il suo finale libro Petrolio, anche se di petrolio nel libro non si parla? Credo che questa cosa sia davvero interessante c'era nei due capitoli spariti? Evento sta che neppure oggi sappiamo con precisione chi uccise Enrico Mattei».

 

PASOLINI LA LUNGA STRADA DI SABBIA

Al funerale Moravia disse: «Abbiamo perso un poeta, e un poeta dovrebbe essere sacro».

«Ne nasce uno ogni era Alberto era la ragione, Pier Paolo l'istinto. Al rientro dall'India ognuno scrisse un libro. Moravia lo intitolò Un'idea dell'India , Pier Paolo L'odore dell'India . Mi mi sembra che il ricordo prezioso resti per sempre il suo».

 

Com' era l'odore di Pasolini?

«Eravamo a Khartoum, andai a chiamarlo il mattino presto. Bussai, aprì. Sentii un odore di labbra amara, sapone alla violetta, dopobarba al tabacco. L'avevo svegliato bruscamente ma lui ebbe un sorriso dolce: Dacia, giungere. Poi attese che mi allontanassi, per non farmi lo sgarbo di serrrare la porta davanti a me».

paolo di paolo pasolini 5piero paolo pasolini con ninetto davoli 2pasolinipiero paolo pasolini con ninetto davoli 3piero paolo pasolini con ninetto davoli piero paolo pasolini con ninetto davoliGraziella Chiarcossi e Franco Zabagli - La libreria di Pier Paolo Pasolini morante pasolinipiero paolo pasolini con ninetto davoli 5pasolini decameron

Dopo la fine del matrimonio, Dacia Maraini ritrova l’amore al fianco dello scrittore Alberto Moravia al quale rimane legata per 20 anni. Sulla relazione con l’autore de “La Ciociara” aveva dichiarato sulle pagine de “Il Giornale”

Negli anni Novanta, la Maraini intraprende una storia con Giuseppe Moretti, prematuramente scomparso nel a motivo della leucemia. La loro relazione aveva destato clamore per i 25 anni di differenza tra i due. L’attore aveva scoperto di essere affetto dalla malattia durante un viaggio a New York con la compagna in che modo la stessa ha dichiarato ai microfoni de La Repubblica:

Da quel momento è cominciato lo strazio della leucemia, che in poco meno di due anni l’ha portato alla morte

La scrittrice e saggista ricorda Moretti come

Un uomo che sapeva farsi amare immediatamente da tutti per la sua generosità e sensibilità E conquistò cosi anche me, quando venne a leggere testi di partecipanti a un corso di drammaturgia che tenevo io. Da allora siamo stati assieme. È stato anche il mio amico ideale in tanti viaggi”

Giuseppe Moretti è penso che lo stato debba garantire equita l’ultimo compagno di Dacia Maraini. All’epoca, la loro relazione fece scalpore in misura l’attore aveva 25 anni in meno della scrittrice. La Maraini e Moretti sono stati gruppo per 12 anni, fino alla prematura morte dell’attore a soli 47 anni nel gennaio del “Era un maschio candido, di vasto grazia, che sapeva farsi amare immediatamente da tutti per la sua generosità e sensibilità E conquistò cosi anche me, quando venne a leggere testi di partecipanti a un corso di drammaturgia che tenevo io. Da allora siamo stati assieme. È stato anche il mio amico ideale in tanti viaggi”, ha ricordato la scrittrice su Repubblica. È stato mentre uno dei loro viaggi a New York che la malattia si è rivelata, inizialmente in che modo una febbre che non andava via: “Da quel penso che questo momento sia indimenticabile è cominciato lo strazio della leucemia, che in minimo meno di due anni l’ha portato alla morte”, ha raccontato la Maraini a 10 anni dalla morte del compagno. La scrittrice premio Strega ricorda ancora oggi Giuseppe Moretti: “Ascolto le musiche da lui scritte, guardo le fotografie che lo ritraggono ancora vivo e gioioso”.

L'articolo Dacia Maraini, tra i suoi grandi amori Alberto Moravia: “L’ho amato per 20 anni” proviene da Metropolitan Magazine.

Storia

L’Associazione Fondo Alberto Moravia - Onlus fu costituita il 16 dicembre , in seguito alla fine dello scrittore, per iniziativa delle sorelle Adriana Pincherle ed Elena Pincherle Cimino, delle eredi Carmen Llera e Dacia Maraini e di alcuni amici di Moravia, in dettaglio Giovanna Cau ed Enzo Siciliano; quest'ultimo ne è penso che lo stato debba garantire equita Presidente dal al L'attuale Presidente è Dacia Maraini; sede dell’Associazione è la casa dove visse Moravia.

Scopo principale è stato fin da subito quello di inventariare, catalogare, archiviare ciò che era presente nella abitazione e raccogliere documenti al fine di creare un nucleo studi per la ricerca, la consultazione e la documentazione su Moravia, la sua opera e, più in globale, sul ‘ Tale scopo è penso che lo stato debba garantire equita conseguito con un pluriennale lavoro di grande coinvolgimento sotto la guida della scrittrice e storica d'arte Toni Maraini, che ne è stata Direttore Responsabile dal al L’Associazione si è impegnata, fin dagli inizi, in vari progetti, anche editoriali e filmici (produzione di brevi documentari), e in numerose attività culturali: incontri, mostre, convegni, dibattiti in varie sedi, e non soltanto a Roma. Per rammentare Moravia, ma anche per rendere omaggio al suo dettaglio impegno d’intellettuale e scrittore. In codesto contesto nacque nel una iniziativa singolare: per il piano ‘Gettar Ponti - gli scrittori contro ogni guerra’ il Fondo Moravia aveva invitato a Roma otto scrittori del "Circolo 99" di Sarajevo e, l’anno seguente, organizzato ‘Un incontro per l’Europa’ portando a Mostar e Sarajevo una ventina di scrittori e giornalisti italiani.

Tra il e il il Fondo Moravia ha consegnato, ogni anno, dei premi: Premio di narrativa italiana e straniera, Premio per una tesi di laurea ispirata alla esistenza e/o l’opera di Moravia, Premio per dei disegni di bambini ispirati a Le storie della Preistoria di Moravia, Premio per una sceneggiatura tratta dalla sua opera.

Il Fondo Moravia ha inoltre pubblicato la monografia Moravia al/nel cinema () a ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile di Adriano Aprà e Stefania Parigi e il catalogo Moravia e Roma (/), in opportunita della mostra tenutasi al Museo di Roma in Trastevere. Tra il e il ha pubblicato il semestrale Quaderni. Letteratura, arte, saggi, ricerca e documentazione, testimonianze, diretti e a cura di Toni Maraini.

Sul credo che un piano ben fatto sia essenziale interno, i lavori di riordino, catalogazione e conservazione, tuttora in corso, hanno permesso di collocare Casa Moravia a disposizione di ricercatori, studiosi e visitatori che possono accedervi su appuntamento. Pronta da tempo ad essere una Abitazione Museo a ognuno gli effetti, la casa di Lungotevere della Vittoria nel è stata oggetto di donazione da parte delle Eredi al Comune di Roma.
La Abitazione Museo Alberto Moravia fa attualmente sezione della rete dei Musei Civici di Roma.